FEDE E CULTURE – Qui di seguito è possibile trovare un’intervista al Patriarca condotta da Giacomo Galeazzi (La Stampa) e pubblicata su “Communio”, la rivista internazionale di teologia e cultura fondata nel 1972 da Hans Urs Von Balthasar:
Otto secoli fa lo storico incontro tra il Poverello e il Sultano Al-Kamil rivoluzionò i rapporti tra cristianesimo e Islam. Oggi a Venezia la fondazione “Oasis” tiene vivo lo spirito del dialogo interreligioso e ha recentemente ospitato l’incontro internazionale della rivista “Communio”: il cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, ha accettato di raccontarci come nasce questo ponte tra culture.
Quanto è vivo oggi il nesso tra teologia ed esperienza nella Chiesa del terzo millennio globalizzato?
“Communio” non è una rivista accademica, ma parte dal primato dell’esperienza e cerca di offrire ragioni convincenti per vivere la fede. Questa mi pare la strada con cui affrontare anche lo scenario radicalmente mutato del Terzo millennio: per proporre un’esperienza significativa ci vuole un soggetto che si “pone” in atteggiamento di condivisione delle esigenze proprie dell’humanum, cioè di tutto ciò che interroga una civiltà.
Come è cambiata in quattro decenni la presenza culturale della Chiesa in Italia?
L’angolo di visuale che animò i fondatori era proprio quello di illustrare nel concreto della vita degli uomini e delle donne l’inscindibile nesso tra fede e culture. Questa scelta per sua natura deve accompagnare la realtà e quindi cogliere le mutazioni che si producono in una società. Per venire alla Chiesa italiana pare a me che il suo sguardo culturale sia teso a cogliere i grandi cambiamenti in atto. Solo per fare un esempio citerei l’importante evento su Dio che si è svolto lo scorso dicembre a Roma e che ha coinvolto direttamente e indirettamente migliaia di persone. Ha mostrato che anche oggi Dio c’entra.
Lei, Eminenza, ha costruito a Venezia un laboratorio per il rapporto con l’islam. A che punto è il lavoro della Fondazione Oasis?
L’esperienza di Oasis è piccola ma significativa. Essa si è concentrata, almeno per il momento, sul primo passo necessario per ogni dialogo, quello della conoscenza reciproca. Oltre all’approfondirsi della comunione tra i cristiani, sono nate esperienze di fraternità con talune realtà musulmane soprattutto in Giordania, in Kosovo, in Indonesia. Voglio precisare che si tratta di realtà islamiche popolari e non, soprattutto, di intellettuali.
Oggi quale ruolo possono avere i cattolici da “minoranze creative” nella vita pubblica?
Il tema della “minoranza creativa” avrebbe bisogno di molte precisazioni, mi limito a dire che i cristiani anche oggi hanno ragioni solide per mostrare agli uomini e alle donne la bellezza e la “convenienza” della sequela di Cristo. Relazioni buone e pratiche virtuose che si possono vivere in comunità cristiane veramente aperte, fatte le debite distinzioni, possono costituire una proposta significativa per la vita buona in una società plurale. Una proposta che, con decisa umiltà, cerca il confronto con tutti i soggetti che in essa operano.