Venerdì 26 giugno il Patriarca ha presieduto a Trento la celebrazione solenne per la festa del Patrono S. Viglio. Qui il testo dell’omelia.

FESTA PATRONALE DI SAN VIGILIO
Ez 34,1-16; dal Salmo 39; Ef 2,11-22; Gv 10,11-16
Trento, 26 giugno 2009
OMELIA DI S.E.R. CARD. ANGELO SCOLA, PATRIARCA DI VENEZIA

1. Il popolo d’Israele è in esilio a Babilonia e il profeta Ezechiele, da lì, disegna il quadro drammatico, ma realistico e sempre attuale, entro il quale si svolge il compito del pastore. Anzitutto in negativo: «Non avete reso forti le pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza» (Ez 34,4). Subentra poi uno sguardo positivo, quando Dio prende l’iniziativa di guidare personalmente il suo popolo: «Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura […]. Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all`ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia» (Ez 34,11.15-16).
In patria o in esilio le pecore sono sue, di Dio: sia che loro lo riconoscano, sia che non lo riconoscano, nella giustizia o nel peccato. Dio si mantiene sempre in relazione diretta con l’uomo. Ognuno di noi per il fatto stesso di esistere vive dentro questa relazione che lo crea e lo ricrea. Quanto ne siamo normalmente coscienti?

2. La profezia di Ezechiele si è compiuta in Gesù Cristo. Egli è venuto ed è alla ricerca di ogni pecora. Trovatala, la guida con dolcezza e fermezza. L’amato Vigilio può allora scrivere a Giovanni Crisostomo: «Colui che con sacrificio della vita difende dai predoni la pecorella custodita nel chiuso, si dimostra non mercenario, ma discepolo di Cristo … Colui che non abbandona, il pastore che dà la vita, vive; quello che la conserva, la perde. Infatti, che altro fece il nostro Maestro e Signore se non cercare gli erranti? Egli, l’Agnello, che fece se non difendere le pecorelle, immolandosi vittima per esse» (Dalla Lettera del vescovo Vigilio a Giovanni Crisostomo).

3. Per descrivere il rapporto tra le pecore e il Buon Pastore più volte nel Vangelo di oggi San Giovanni usa il verbo conoscere: «Conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre…» (Gv 10, 14). Quella tra Cristo e i suoi è una conoscenza che deriva da un forte legame d’amore. Ed arriva fino al dono della vita. L’appartenenza che lega i suoi a Cristo è molto più profonda di quella tra un figlio e sua madre o di quella tra lo sposo e la sposa. La “reciproca conoscenza” tra Gesù e i suoi, infatti, è della stessa natura della conoscenza intratrinitaria. Come la conoscenza tra il Padre e il Figlio è una conoscenza d’amore perfetto, lo stesso Spirito, così Gesù, il pastore, conosce con perfezione carica di bene noi, le sue pecore: «… e do la mia vita per le pecore» (Gv 10, 15).

4. Nei tratti del padre è riconoscibile il figlio. Così, nei tratti del Buon Pastore, richiamati dalle Letture di oggi, è riconoscibile in modo commovente il vostro patrono e vescovo San Vigilio. Egli visse immerso nelle vicende che caratterizzarono il IV secolo nelle Chiese gloriose dei Padri d’Oriente e d’Occidente, ad alcuni dei quali fu legato da vincoli di amicizia e di figliolanza spirituale. Per tutti basti citare due “giganti” come San Giovanni Crisostomo e Sant’ Ambrogio.
Con la tempra pastorale di Ambrogio Vigilio ha molto in comune. Per questo noi oggi, festeggiandolo, vogliamo imparare da lui. Penso all’inscindibile nesso tra l’annuncio di Cristo (evangelizzazione) e la carità, come ci documenta la preziosa Passio medioevale a lui dedicata: «Dopo aver convertito alla fede cattolica tutta la città, costruì nel recinto urbano anche la chiesa e, vicino a questa, un luogo di assistenza, dove, con le sue preghiere, restituiva la vista ai ciechi, l’udito ai sordi, la parola ai muti e, col segno della croce, liberava gli ossessi” (da: Passio Sancti Vigilii). Da Vigilio siamo richiamati con energia a documentare, nel vincolo supremo della carità, la verità della fede che fra poco professeremo.
Ma imponente nel nostro Patrono è anche la netta coscienza della valenza pubblica della fede. Ciò emerge bene dalla Lettera che Ambrogio scrisse a Vigilio. Il grande vescovo milanese, dando al confratello tre importanti direttive pastorali (Nessuno defraudi il mercenario della mercede dovuta. Non darai il tuo denaro ad interesse. Accoglierai l’ospite gratuitamente), gli ricorda il segreto della vera moralità: «Come è stato fatto a te, così fai anche tu».
Di questa attuale lezione di sana laicità hanno più che mai bisogno oggi le nostre democrazie occidentali spesso troppo formalistiche.

5. Nella Seconda Lettura di oggi Paolo mostra i frutti dell’opera del Buon Pastore. «Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo» (Ef 2,13). Egli, mediante la dedizione totale della sua vita, mediante la sua morte riesce a riunire le due parti (i circoncisi e gli incirconcisi) divise del gregge. L’unità è il suo esplicito compito, la sua missione: «E ho altre pecore, che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare»; e così verrà fatto, mediante «un solo pastore», «un solo gregge» (Gv 10,16). La pace di Cristo, ancora oggi troppo spesso infranta, diventa in tal modo compito indefesso per i cristiani.
Ma Paolo mette soprattutto l’accento sul modo con cui questa «pace» si realizza: il Buon Pastore fa del suo corpo trafitto sulla Croce il luogo della battaglia finale (ho negli occhi la bellissima Cappella con lo splendido Crocifisso ligneo davanti al quale giurarono i Padri nel Concilio di Trento). Sulla Croce, e da lì nell’Eucaristia, il Corpo immolato di Nostro Signore diventa precisamente quello che, offrendosi per tutti e per ciascuno, fonda l’unità. Lì anche viene allora deposta «la Legge fatta di prescrizioni e di decreti» (Ef 2,15), la cui molteplicità è tale da frantumare la vita. «Egli è la nostra pace» (Ef 2,14): il Riconciliatore, impotente sul palo ignominioso della croce, è a ben vedere l’onnipotente, Colui che vince la divisione.

6. Vigilio è sepolto, fin dall’inizio, vicino ai tre martiri martiri anauniensi – Martirio, Sisinio ed Alessandro – dal cui sangue è stata fecondata la Chiesa di queste terre. Anche in questo è come Sant’Ambrogio, egli pure sepolto ad sanctos, vicino ai primi martiri milanesi Protaso e Gervaso. A questo proposito il vostro Patrono, in una Lettera a San Simpliciano, successore di Sant’Ambrogio a Milano, scrisse: «Cerca di ottenere che io indegno possa condividere la loro sorte e intercedi, ti prego, presso di essi, perché io possa toccare il lembo della loro fortunata condizione in ambedue i settori: quello del sacerdozio e quello del martirio». Il martirio di San Vigilio è, anzitutto, la sua testimonianza: passione per Cristo e per la sua Chiesa, dedizione pastorale eroica a tutti i fratelli.
Tocca a voi, oggi, figli di questa gloriosa terra, sull’esempio dei vostri padri – come non ricordare qui la nobile figura di Alcide de Gasperi su cui è tornato Benedetto XVI qualche giorno fa? – accogliere il testimone che San Vigilio ci offre. Nel quotidiano, lasciamoci guidare da Colui che non ci vuole «né stranieri, né ospiti, ma concittadini dei santi» (Ef 2, 19). La Chiesa che è in Trento crescerà in tal modo «bene ordinata» (Ef 2, 21) anche a beneficio di tutta la comunità civile. La Vergine Santissima procuri a noi, uomini post-moderni, di saper calcare le orme di San Vigilio. Amen.