VENEZIA – Viene qui proposta un’intervista al Patriarca pubblicata dal settimanale diocesano “Gente Veneta“:
Il primo frutto della visita del Papa è l’aver reso più caldo e affascinante il desiderio di Dio in una quantità straordinaria di persone. Nel parco di San Giuliano, davanti a quasi trecentomila donne e uomini, Benedetto XVI ha confermato, cioè ha reso più salda la fede di chi già aveva avviato un percorso in Cristo, e ha riacceso la passione per Gesù in chi, in qualche stagione della sua vita, si era un po’ distratto.
Il Patriarca fa il punto così, a poche ore dalla conclusione del fine settimana del Pontefice a Nordest, dei densi avvenimenti che si sono succeduti.
Il primo bilancio, a caldo?
E’ andata al di là di ogni aspettativa. C’è stato realmente un grande movimento di popolo, soprattutto nella Messa al parco di San Giuliano, che voleva riunire i fedeli di tutto il Nordest, in vista del convegno di Aquileia II. Una partecipazione così ingente ha sorpreso tutti; grazie a Dio, gli organizzatori sono stati molto bravi e hanno retto l’urto di un numero che è stato più del doppio di quello che prevedevamo.
Questo così cospicuo e imprevisto numero di partecipanti cosa la porta a pensare?
Credo che una folla così grande non si muova alle 4-4.30 del mattino, per stare poi fino all’una in un parco, sotto il sole, per una pura curiosità. Questo mi consola, perché vuol dire che nel cuore dell’uomo c’è una domanda di verità; c’è un desiderio di conoscere quale sia il proprio bene, in vista della felicità, del compimento di una autentica libertà e c’è la coscienza netta che il Vangelo, interpretato autorevolmente dal successore di Pietro, rappresenta una risposta efficace a questa domanda che si ha nel cuore. Questo è molto consolante, anche se mette sulle nostre spalle una grande responsabilità.
Quale messaggio ha lasciato il Papa al Nordest?
Il Papa ha richiamato il Nordest a non vivere la sua grande tradizione in maniera passiva, ma a “trafficarla” – se così possiamo dire – in vista dei grandi cambiamenti in atto nel presente, affinché il Vangelo di Gesù rappresenti ancora oggi una grande risorsa per tutti i popoli che abitano questo territorio. Benedetto XVI ha invitato – meditando sui discepoli di Emmaus – a passare dalla disperazione alla speranza, dalla tristezza alla gioia ed ha indicato come strada per questo, alla realtà ecclesiale, l’intensificarsi di una comunione centrata sulla forza eucaristica, illuminata dalla Parola di Dio; sulla condivisione, partendo realmente dagli ultimi; su un rapporto bello con il creato – perché Venezia ieri era letteralmente radiosa e il Papa ne è stato affascinato e commosso – e sul coraggio semplice di una testimonianza umile, ma chiara e diretta in tutti gli ambienti dell’umana esistenza, che chi segue Gesù può diventare un uomo riuscito e soprattutto può essere libero davvero.
Il vivere la tradizione innovandola, ancorati al saldo appoggio del Vangelo, è stato al centro anche del discorso di Benedetto XVI nella basilica della Salute. Qual è la prima suggestione che le deriva dalle parole del Pontefice?
Sì, il Papa ci ha donato suggerimenti preziosi anche per il rinnovarsi della società civile. Ha letto la bellezza di Venezia, partendo da tre parole: dalla parola “acqua”, dalla parola “salute” e dalla parola “Serenissima”. Costruendo quasi, in questo modo, un manifesto per l’impegno sociale e civile di Venezia che, per la sua forza espressiva nei confronti di tutta l’umanità, rappresenta un impegno per gli uomini e per le donne di oggi della nostra città, in un certo senso, di tutto il mondo. Sono, però, tutti testi su cui bisogna avere il tempo e la pazienza di tornare nel dettaglio, perché l’insegnamento del Santo Padre ha una forza di attrattiva immediata, ma poi bisogna lavorare di cesello, perché non un aggettivo è fuori posto… Quindi occorreranno la pazienza e il tempo di assimilare. Ma quel che balza subito agli occhi è che il Papa ci ha lasciato una visione ecclesiale e sociale di primaria importanza e questo ci lancia con entusiasmo nel compito che ci attende e che attende ciò che lui stesso ha indicato come il “nuovo Nordest”. Non dimentichiamo che domenica c’erano quasi 5 mila persone, provenienti dalle Chiese nate da Aquileia, di Slovenia, di Croazia, di Ungheria, di Austria e di Germania. Insomma, questo segna realmente, per le nostre Chiese e per le nostre società, un orizzonte nuovo e affascinante di impegno.
Il Papa ha parlato di promozione di una cultura di accoglienza e di condivisione, capace di gettare ponti di dialogo tra i popoli e le nazioni. Sono parole molto incisive nel mentre la questione dell’immigrazione e dell’arrivo di stranieri in Italia è scottante…
Il Papa è stato molto netto e deciso. E con nostra soddisfazione i segnali giunti in questi giorni da Lampedusa, circa la modalità e l’impeto con cui il nostro popolo va realmente incontro a chi è nel bisogno, sono confortanti e sono in sintonia anche con la riflessione che abbiamo condotto, in preparazione della visita del Santo Padre e del convegno Aquileia II, su che cosa è stato e su cosa può essere il Nordest. Il Nord-est è stato il crocevia, l’incontro e la fusione di popoli germanici, slavi e latini lungo l’asse Est-Ovest. Oggi deve assumere per forza anche un compito diverso: il compito di cerniera tra Nord e Sud, anche perché, attraverso l’Adriatico, il Mediterraneo entra nel cuore dell’Europa. Allora il problema del Sud si configura non soltanto come il problema del Maghreb, ma – come si vede già dalla gran quantità di immigrati giunti nelle ultime settimane – ormai anche per i popoli del Sud del Sahara. Popoli che tentano di muoversi verso di noi perché sono in uno stato di indigenza ben più grave di quelli del Maghreb. Allora è veramente decisivo ed importante che l’Europa e i Paesi ricchi del Nord concepiscano di poter collaborare con il “soggetto Africa”, creando un modello di sviluppo in Africa stessa, nell’Africa Sub-sahariana. Questo potrebbe rappresentare una fonte reale, oltre che di sollevamento dalla condizione spesso di miseria di quei popoli, anche di prospettiva futura per il nuovo ordine mondiale e per un mercato sano, riequilibrato, realmente a misura d’uomo e teso al bene comune, che è il bene di tutti e di ciascuno.
(a cura di Giorgio Malavasi)