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L’annuncio dell’evento più inconcepibile per l’Uomo, quello della resurrezione, ha il tono di una tranquilla normalità perché in esso c’è qualcosa di divino: nella risurrezione di Gesù Dio mostra tutta la Sua sovranità sulla morte. Il potere di Dio sulla vita e sulla morte è efficace. Lo ha reso credibile per gli uomini il Suo Figlio.

E’ disponibile qui l’omelia di Pasqua che il card. Angelo Scola ha pronunciato nella Basilica di San Marco Evangelista.

At 10,34.37-43; Sal 117; Col 3,1-4; Mc 16,1-8

1. Pasqua è la festa delle feste. «Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci in esso ed esultiamo!» (Sal 117,24) perché oggi «Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa» (dalla Sequenza). Ha condiviso il cammino di tutti sulla terra degli uomini, come tutti ha concluso il suo cammino nella tomba, ma ha vinto la morte. Egli era l’unico che poteva non morire ma per un atto di amore perfetto ha spezzato, con la sua morte singolare, la catena della nostra morte comune. «Morte, sarò la tua morte» aveva annunciato il profeta. Nella risurrezione di Gesù la profezia si avvera e la terra si spalanca verso il Cielo.

2. «Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salòme comprarono oli aromatici per andare a ungerlo» (Mc 16,1). Le donne che, resistendo sotto la croce, avevano rappresentato la Chiesa amante, continuano a vivere questa missione il mattino di Pasqua. Non si lasciano scoraggiare dai terribili eventi che paralizzavano ancora, nello smarrimento, gli apostoli. Non si fanno fermare neppure dall’impossibilità del loro intento – «Chi ci farà rotolare via la pietra?» (Mc 16,3) -, ma irremovibilmente, procedono nel proposito di andare ad ungere il corpo dell’Amato con oli profumati, quasi per proteggerlo dalla corruzione. Una devozione amorosa che ha il coraggio dei semplici. Dio la premia. Egli stesso elimina gli impedimenti: la pietra è già spostata. L’Angelo seduto sulla destra del sepolcro le sta aspettando per dar loro l’inaudita spiegazione di quel prodigio.
Queste donne non possiedono nulla di eroico se non la forza dell’amore. Lo mostra, tra l’altro, il loro spavento. Del tutto comprensibile. Nella Bibbia lo troviamo ogni volta che la creatura umana incontra una manifestazione del divino. E quale manifestazione è più inaudita della Risurrezione dai morti?
«Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso» (Mc 16,6). L’amore cerca l’Amato. L’Angelo lo sa bene. Le donne cercano Lui, quell’uomo ben conosciuto morto in croce due giorni prima. Marco, il rigoroso cronista dei fatti, registra la risposta dell’Angelo, come se fosse ovvia: «È risorto, non è qui» (Mc 16,6). Come se dicesse ad un visitatore: la persona che cerchi è uscita, ti dico dove la puoi trovare. L’annuncio dell’evento più inconcepibile ha il tono di una tranquilla normalità perché in esso c’è qualcosa di divino: nella risurrezione di Gesù Dio mostra tutta la Sua sovranità sulla morte. Il potere di Dio sulla vita e sulla morte è efficace. Lo ha reso credibile per gli uomini il Suo divin Figlio che, per puro amore, «non considerò un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso» (Fil 2, 6-7) sulla croce per noi. In Cristo Dio libera gli uomini dalla schiavitù del timore della morte.
Cristo entra in ogni pena, in ogni dolore – come non pensare alle strazianti immagini delle esequie dell’Aquila? – per trasfigurarlo con il Suo passaggio, la Sua Pasqua. Perché dove Lui passa, passa il Risorto, e la vita, alla fine, vince: «Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?» (Rm 8, 31). Cristo è la nostra speranza.
La potenza del Padre ha inseparabilmente unito per sempre la croce e la risurrezione di Gesù di Nazareth. Per condividere in tutto la sorte degli uomini è passato per la cruna dell’ago del Golgota. Ci ha preceduti nella morte per accompagnarci nella nostra morte.

3. «È risorto»: questo annuncio sconvolgente che cambia di segno la storia non è solo per le donne e per i Suoi, né per la casa d’Israele, ma per tutti. La Prima Lettura, infatti, narra il primo annuncio della risurrezione di Gesù ai pagani, in casa del centurione Cornelio, a Cesarea.
L’apostolo Pietro ripercorre anzitutto i fatti («ciò che è accaduto») che i suoi ascoltatori già sanno, ma li attraversa con la testimonianza diretta sua e degli altri apostoli. Gli apostoli prima rinchiusi ed atterriti ora si dispongono all’annuncio pubblico fino a dare la vita. Lo hanno visto. E possono documentare che Gesù di Nazaret è risorto; non l’hanno pensato, non se lo sono inventato. Hanno «mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti» (At 10,41), hanno toccato con mano il Suo corpo glorioso. Per la mentalità giudaica la comunanza di tavola era segno di intimità e partecipazione a uno stesso stato di vita. Ciò che annunciano è un fatto di cui sono stati testimoni, non una loro convinzione o una certezza soggettiva.

4. «Andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”». In Galilea, dove tutto è cominciato per voi e là dove si svolge la vostra vita quotidiana.
La testimonianza non è anzitutto qualcosa che viene da noi, ma qualcosa di cui siamo i primi stupiti beneficiari e che deborda da noi, un dono inarrestabile che chiede a sua volta di essere donato.

5. La Seconda Lettura ci invita a trarre senza indugio le conseguenze del fatto della risurrezione: «Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo assiso alla destra di Dio, pensate alle cose di lassù» (Col 3,1-2). Secoli di riduzione spiritualistica pesano su questo deciso invito di Paolo. Le cose di lassù non sono separate, fuori dalla vita presente, ma ne svelano il senso, il destino perché attingono alla pienezza della vita del Risorto a cui, in forza della fede e del Battesimo, noi già fin da ora partecipiamo. La Sua risurrezione, che ci “incorpora” a Lui, è già in germe la nostra risurrezione. Così il tempo della nostra resurrezione – ci dice l’Apostolo – non è solo il futuro, ma incomincia già ora e ci urge a riconoscere quello che veramente siamo, a vivere in novità di vita. «”Io, ma non più io”: è questa la formula dell’esistenza cristiana fondata nel Battesimo, la formula della risurrezione dentro al tempo. Io, ma non più io: se viviamo in questo modo, trasformiamo il mondo» ha detto il Papa (Benedetto XVI, 15 aprile 2006).
«Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo» (Santa Caterina da Siena). Dalla Pasqua odierna muta il nostro quotidiano. Il Risorto ci rende accessibile l’amore effettivo. E questo cambia il nostro sguardo su tutta la realtà. Ci apre al principio-speranza. E alla speranza solidale che si adopera per costruire, senza arrendersi, pace e giustizia su questa terra.

6. Eppure, anche di fronte all’imponenza della grazia del Risorto di cui siamo inondati, non per i nostri meriti ma per i Suoi e quelli della Sua Santa Chiesa, spesso anche noi – come l’apostolo Tommaso – siamo tentati dall’incredulità. Quasi non c’è giorno, infatti, in cui dolorosamente non ci sorprenda la morsa del male, dentro e fuori di noi. Dov’è allora il Risorto? Quale novità allora dopo la Redenzione di Cristo? Il mondo ci appare in pieno travaglio e la morte con i suoi dolorosi anticipi sembrano avere la meglio (pensiamo alla tragedia del recente terremoto, a quella dei bambini e degli innocenti, alla violenza inaudita della guerra e dei mille altri conflitti che si scatenano anche nelle nostre società cosiddette avanzate, per non parlare della miseria africana, della perdita del lavoro per italiani ed immigrati, degli ultimi di ogni parte del mondo…). E la certezza che Egli è veramente Risorto sembra barcollare. Ma, come Tommaso, anche noi ci sentiamo ripetere dal Signore: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano, e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo ma credente!» (Gv 20,27).
La fede dell’apostolo, che era quasi morta, è rinata grazie al contatto con le piaghe di Cristo, con le ferite che il Risorto non ha nascosto, ma ha mostrato e continua a indicarci nel dolore, nelle pene e nelle sofferenze di ogni essere umano.
La Santa Madre Chiesa, viva dopo duemila anni nonostante la fragilità degli uomini di Chiesa, è la garanzia oggettiva che la fede se tu la accogli vince oggi ogni pena, ogni dolore, la morte stessa e, soprattutto, se ci pentiamo, il nostro peccato.
Alla Vergine Nicopeia, propiziatrice di questa vittoria, affidiamo quindi, veneziani ed ospiti, la nostra fede pasquale. Buona Pasqua. Amen.

«Death, I will be your death» the prophet had proclaimed. In the Resurrection of Jesus the prophecy comes true and earth opens wide towards Heaven. Happy Easter!

«Ô mort, je serai ta mort» avait annoncé le prophète. Dans la résurrection de Jésus, la prophétie se réalise et la terre s’ouvre vers le Ciel. Bonne fête de Pâques!

«Muerte, yo seré tu muerte», había anunciado el profeta. En la resurrección de Jesús esta profecía se cumple y la tierra se abre de par en par al Cielo. ¡Feliz Pascua de Resurrección!

«Tod, ich werde dein Tod sein» hatte der Prophet verkündet. Die Auferstehung Jesu ist die Verwirklichung der Prophezeiung, und die Erde öffnet sich dem Himmel. Frohe Ostern!