Pubblicato ne i Corsivi del Corriere della sera, è disponibile sul sito www.icorsivi.corriere.it e acquistabile in tutti i principali store on line l’ebook “La civiltà del desiderio”, in cui l’Arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, e il filosofo Giulio Giorello dialogano attorno alla necessità dell’uomo di uscire dal rischio della spirale distruttiva causata dal modo in cui conquista beni fondamentali (cibo, acqua, riparo) e immateriali (felicità e benessere), arrivando a provocare carestie e guerre fratricide in ogni angolo del pianeta. Pubblichiamo un estratto del testo del cardinale Scola

 

(…) La questione del nutrire la vita, del nutrirsi in sé, non è cosa ovvia, che possiamo dare per scontata (…). Sarebbe astratto non mettere in campo subito una grave difficoltà propria del nostro tempo e dell’Occidente in particolare che, sia pur tra gravi contraddizioni e prove che non vogliamo sottovalutare, resta comunque una realtà opulenta. Mi riferisco alla riduzione del cibo a merce (…), un’espressione clamorosa della riduzione della natura del bisogno umano, del senso del bisogno, e comporta l’eliminazione dei molteplici significati simbolici e relazionali che la questione della nutrizione porta inevitabilmente con sé. Mi riferisco per esempio all’ospitalità, alla convivialità, all’arte culinaria… Formulerei la questione in questi termini: comprendere il bisogno per passare dal bisogno al desiderio. Quindi anche comprendere il bisogno del nutrimento per passare dal nutrimento come bisogno al desiderio. (…) Il bisogno, quando è ridotto a perseguire in termini esclusivi la propria soddisfazione nel senso materiale del termine, diventa inevitabilmente fonte di sopraffazione e, nella logica mercificata che abbiamo detto, porta sempre con sé violenza e guerra. È inevitabile. Invece il bisogno è primariamente e costitutivamente espressione di fragilità e di mancanza. (…) Questo vale per qualunque tipo di bisogno. Esso è il segnavia della domanda di altro, della domanda di compimento totale, di soddisfazione totale. L’uomo, a specifiche situazioni di bisogno, non risponde mai solo con reazioni preordinate, ma è sempre teso al superamento e al progetto. Hanno origine qui il lavoro e la cultura: l’uomo è sempre teso ad attribuire diversi significati agli atti stessi che gli sono necessari per soddisfare il suo bisogno.

Il bisogno quindi chiede una duplice apertura o, più precisamente, la manifesta come esigenza costitutiva della persona. Anzitutto è aperto a un’intelligenza inventiva che plasmi il bisogno, ne trasformi in continuazione i profili e i contenuti, giungendo anche a «dominarlo». Questo segnala l’emergere della dimensione specificatamente umana del lavoro: tutta la storia del lavoro documenta la capacità intellettiva e inventiva dell’uomo di affrontare il bisogno stesso.

La seconda apertura si rivela come tentativo di interpretare il bisogno e di rispondervi in maniera totalizzante: la potremmo chiamare, appunto, «desiderio». Il desiderio a ben vedere è la capacità di riformulare continuamente il bisogno ed è una fonte di creatività straordinaria. Dal bisogno di mangiare, abbiamo inventato l’arte culinaria; dal bisogno di coprirci, abbiamo inventato l’architettura. Il desiderio, nel tempo e sempre secondo modalità nuove, affrontando il bisogno e attraverso il lavoro, crea civiltà.