Riportiamo di seguito, come spunto di riflessione, uno stralcio del cap. 2 del libro del card. Angelo Scola “Come nasce e come vive una comunità cristiana” (Venezia, 2007, Marcianum Press editore).
L’urgenza educativa
Benedetto XVI nel suo discorso a Verona ha indicato la priorità assoluta della questione educativa.
Afferma il Papa: «Perché l’esperienza della fede e dell’amore cristiano sia accolta e vissuta e si trasmetta da una generazione all’altra, una questione fondamentale e decisiva è quella dell’educazione della persona.
Occorre preoccuparsi della formazione della sua intelligenza, senza trascurare quelle della sua libertà e capacità di amare. E per questo è necessario il ricorso anche all’aiuto della Grazia. Solo in questo modo si potrà contrastare efficacemente quel rischio per le sorti della famiglia umana che è costituito dallo squilibrio tra la crescita tanto rapida del nostro potere tecnico e la crescita ben più faticosa delle nostre risorse morali.
Un’educazione vera ha bisogno di risvegliare il coraggio delle decisioni definitive, che oggi vengono considerate un vincolo che mortifica la nostra libertà, ma in realtà sono indispensabili per crescere e raggiungere qualcosa di grande nella vita, in particolare per far maturare la libertà».
Il richiamo del Papa è molto efficace. Egli evidenzia che l’educazione riguarda ogni dimensione dell’umano: la ragione, la libertà e quella connessione culmine e sintetica di entrambe che è l’amore.
L’orizzonte di questa educazione, che ha come scopo la piena maturazione della persona e la possibilità di assicurare la testimonianza di generazione e in generazione – ecco il nucleo fondamentale della Traditio in termini cristiani – è il dono della Grazia (Gesù Cristo). Infatti l’educazione nasce da un dono (incontro) che la precede. Si tratta, come abbiamo visto, del dono dell’incontro personale con Gesù che muove la libertà del singolo e, mettendola al lavoro, spalanca all’uomo la strada della propria compiuta riuscita attraverso l’incontro con tutta la realtà. Educazione infatti è, ultimamente, incontro progressivo di tutto il mio io, che è sempre in rapporto con un “noi”, con tutta la realtà.
Perché parliamo di educazione al pensiero di Cristo?
Perché il dono che precede ed origina l’educazione non resti un dato di partenza lasciato alle spalle, ma sia l’origine permanente dell’educazione. Gesù, il Crocifisso Risorto, e il suo pensiero sono il contenuto dell’educazione. «Io, ma non più io» (Gal 2, 20): il soggetto nuovo è l’uomo che vive la sua esistenza in Cristo (cfr. Rm 6, 1-11; 1Cor 15, 22; 2Tm 2, 12).
«Idem sapite»
Per approfondire quest’origine in Cristo dell’educazione
cristiana, vale la pensa citare un intervento che lo stesso Benedetto XVI fece all’Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sull’Eucaristia il 3 ottobre 2005. Fu un intervento a braccio: nell’Aula del Sinodo, dopo aver recitato l’ora terza, il Papa prese la parola commentando 2Cor 13, 11.
«“Idem sapite”. Sentiamo dietro la parola latina la parola ‘sapor’, ‘sapore’: abbiate lo stesso sapore per le cose, abbiate la stessa visione fondamentale della realtà, con tutte le differenze che non solo sono legittime ma anche necessarie, ma abbiate “eundem” sapore, abbiate la stessa sensibilità. Il testo greco dice: ‘froneite’ [pensate], la stessa cosa. Abbiate sostanzialmente lo stesso pensiero [ecco il pensiero di Cristo]. Come potremmo avere in sostanza un pensiero comune che ci aiuti a guidare insieme la Santa Chiesa [il Papa parlava ai Vescovi riuniti nell’Aula sinodale] se non condividendo insieme la fede che non è inventata da nessuno di noi, ma è la fede della Chiesa, il fondamento comune che ci porta, sul quale stiamo, [fede vuol dire stare appoggiati sulla roccia] e lavoriamo? Quindi è un invito ad inserirci sempre di nuovo [l’alveo] in questo pensiero comune in questa fede che ci precede.
“Non respicias peccata nostra sed fidem Ecclesiae tuae”: [“non guardare i nostri peccati ma guarda alla fede della tua Chiesa”, preghiamo nella Messa ogni giorno] è la fede della Chiesa che il Signore cerca in noi e che è anche il perdono dei peccati. Avere questa stessa fede comune [ecco il punto]. Possiamo, dobbiamo vivere la fede ognuno nella sua originalità ma sempre sapendo che questa fede ci precede. E dobbiamo comunicare a tutti gli altri la fede comune… Questo è l’ultimo affondo di questo avvertimento: pensare insieme come Cristo, pensare con il pensiero di Cristo. Come dice l’Apostolo possiamo farlo leggendo la Sacra Scrittura nella quale i pensieri di Cristo sono Parola, parlano con noi. In questo senso dovremmo esercitare la “lectio divina”, sentire nelle Scritture il pensiero di Cristo, imparare a pensare con Cristo, imparare a pensare il pensiero di Cristo e così avere i sentimenti di Cristo, essere capaci di dare anche agli altri il pensiero di Cristo, i sentimenti di Cristo».