Proponiamo gli appunti di un passaggio particolarmente significativo del recente incontro di presentazione del volume del cardinale Angelo Scola “Ho scommesso sulla libertà” presso il museo M9 di Mestre (qui il video dell’evento).
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“Insieme con la testimonianza dell’uomo di fede in questo libro ho trovato interessante la testimonianza del cittadino Angelo Scola perché ci aiuta a ripensare le ragioni di un impegno civile e di una cittadinanza consapevole e aperta agli altri” ha detto Ferruccio de Bortoli. Da qui la sua domanda “sulla presenza, o per meglio dire, sull’assenza oggi dei cattolici nella politica italiana”. C’è un silenzio e una timidezza dei cattolici che al massimo intervengono quando sono in gioco questioni etiche delicate ma con una voce che suona difensiva e quindi di retroguardia. Perché, chiede l’ex direttore e editorialista del Corriere della Sera, è così difficile costruire una proposta cattolica in positivo sulla famiglia, sulla parità di genere, sulle disuguaglianze economiche e sociali e sulle questioni rilevanti della convivenza civile nel nostro Paese?
Per il cardinale il problema non nasce adesso ma esiste da tempo e data dagli anni Settanta. Ricorda che già in occasione del referendum sul divorzio, nel 1974, monsignor Carlo Colombo, il teologo di Paolo VI, in un dibattito fece notare come fosse ormai diffusa l’opinione secondo cui un cattolico aveva sì il diritto di comportarsi secondo le proprie convinzioni ma doveva evitare di manifestarle pubblicamente per non impedire la libertà degli altri. È un’idea che non può essere valida in una società plurale e tendenzialmente conflittuale al cui interno convivono visioni e scelte non solo diverse ma in netto contrasto tra loro. In un simile contesto sarebbe invece necessario un confronto reciproco costante, teso a costruire il massimo di riconoscimento possibile in uno spirito di amicizia civica. Questo smarrimento dei credenti in politica ha la sua origine nel Sessantotto che vide la fine di un impegno dei cattolici, certamente generoso ma moralistico, e segnò l’inizio di un massiccio esodo dei giovani dagli oratori e dalle associazioni cattoliche. Nello stesso tempo il partito dei cattolici, la Dc, stava perdendo sempre più i suoi riferimenti ideali abbandonando ogni interesse per la dimensione culturale e rifiutando il principio di gratuità che fino ad allora aveva caratterizzato l’attività di militanti e amministratori. Nella situazione attuale la difficoltà di una presenza efficace in politica è aggravata dal fatto che ormai il pensiero dominante a livello pubblico è quello tecnocratico-finanziario. Ed è merito di Papa Francesco l’aver richiamato la gravità del “cambiamento d’epoca” e la sollecitazione costante su temi e situazioni che riguardano la convivenza civile. Oggi lentamente il cattolicesimo sta rischiando di perdere le sue radici popolari, che per fortuna ancora esistono e comprendono sia la dimensione religiosa sia quella civile.
Da dove ripartire? Da un dato di fatto che il cardinale Scola dice di aver constatato in giro per i paesi e le città italiane: la presenza di tante realtà spontanee di base, associazioni, iniziative di volontariato. Non esiste una società civile così ricca di “corpi intermedi” come quella italiana. Una rinascita della politica potrà avvenire solo ripartendo da qui. Ma è necessario che si costruisca una proposta, con una sua dignità culturale ed una capacità d’interloquire a livello pubblico, perché questa ricchezza di base non resti frammentata e dispersa nella logica del proprio particolare. Il cattolicesimo politico manifestamente dichiarato e indirizzato in un solo partito, come lo fu ai tempi della Democrazia cristiana, è una strada del tutto impraticabile nella società radicalmente plurale del nostro tempo. Questo non significa che i cattolici debbano rinunciare a dare testimonianza pubblica della loro fede e del loro stile di vita giocando la loro identità nel vivo del dibattito sulle questioni etiche, sociali ed economiche. Nella speranza, si augura Scola, che dentro questo dibattito possano emergere cattolici capaci di aggregare realtà più vaste e che nel nostro Paese si affermino politici e statisti di un livello un po’ più elevato di quelli attuali.
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