S.Em Rev.ma cardinale Angelo Scola

IL SUSSIDIARIO.NET – Viene pubblicata qui di seguito un’intervista al Patriarca pubblicata da IlSussidiario.net:

Dalla crisi della politica italiana alla crisi finanziaria, dalla libertà delle iniziative sociali al compito dello stato, quello di cui oggi più si avverte la mancanza sono «ambiti comunitari di amicizia civica, di relazioni buone e di pratiche virtuose» dalle quali l’uomo possa oggi reimparare che cos’è il bene. A dirlo è il Patriarca di Venezia, cardinale Angelo Scola, ieri a Milano per presentare il suo ultimo libro, Buone ragioni per la vita in comune, insieme a Gianni Riotta, direttore del Sole 24 Ore, in un incontro pubblico organizzato dal Centro culturale di Milano

(per leggere la prima parte dell’intervista cliccare qui)

Cosa deve fare la politica? 

«Aprire gli occhi sulle libertà realizzate, in Europa come in Italia. Perché come non si possono richiamare in astratto i diritti, così non si possono richiamare in astratto le libertà. Un welfare che sia più capace di concepire come pubblico non solo ciò che è statale ma ciò che l’iniziativa dei corpi intermedi riesce a produrre, la libertà di educazione, il supporto che si deve dare alla famiglia, un approccio equilibrato alla questione degli immigrati – dentro un abbraccio largamente accogliente e nello stesso tempo rispettoso della mentalità -, la solidarietà nel vivere questo passaggio di crisi economica senza dimenticare il sud del mondo: sono queste le sfide di oggi e la società civile produce mille e più iniziative in questi campi. Bisogna che chi ha responsabilità istituzionali non pretenda di gestirle ma si limiti a governarle, lasci vivere la società e le dia gli strumenti per crescere». 

Esiste secondo lei il rischio che la crisi finanziaria abbia dato alla razionalità economica pubblica e privata una “lezione” che non abbiamo capito? 

«Su questo il Papa della Caritas in veritate ha detto cose bellissime, invitandoci ad allargare la ragione economica. Oggi abbiamo bisogno di ampliare la ragione a tutti i livelli, smettendo di ridurla alla sola dimensione sperimentale e tecnica. E come lo fa il Papa? Dando dignità economica alla dimensione gratuita della fraternità: mettere in atto azionie cooperazioni economiche e finanziarie avendo veramente di mira il fine buono per cui esiste l’economia di produzione ed esiste la finanza. Ma il rischio è di credere ancora una volta che si possa uscire da questa situazione solo superando le cosiddette bad rules, le cattive regole». 

Benedetto XVI ha aperto il sinodo sul Medio oriente con un discorso a braccio in cui ha fatto una rassegna apparentemente sommaria dei mali del mondo: capitali anonimi, ideologie terroristiche, droga, violenza perpetrata in nome di Dio. «La terra che assorbe queste correnti» – ha detto il Papa -«correnti che dominano tutti e che vogliono far scomparire la fede della Chiesa», è «la fede dei semplici». Ma questa fede è in grado di reggere la sfida? 

«Sì, perché è la fede di chi non cessa di lasciar emergere dal proprio cuore l’insopprimibile desiderio di Dio e ha trovato nell’appartenenza a Cristo, e nella preghiera alla Vergine Maria, la strada per secoli in grado di generare uomini e donne capaci di amare, di lavorare, di educare. Questa è la fede dei semplici di cui il Papa parla e lui stesso è il primo testimone di questa fede: uno che con straordinaria umiltà fa valere ancor di più la forza della sua intelligenza. ma non conta l’erudizione: La mia mamma aveva fatto al terza elementare ma era molto più intelligente della vita di quanto non lo sia io, che ho dovuto leggere un po’ di libri».

(a cura di Federico Ferraù)