Pubblichiamo una riflessione dell’Arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, preparata in occasione della seconda domenica d’Avvento.

Fin dal primo versetto il vangelo di Marco, il cui esordio viene proposto in questa seconda domenica ambrosiana di Avvento, mette a tema l’identità divina di Colui che deve venire o, meglio, di Colui che sta venendo: «Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio» (Mc 1,1). L’espressione vangelo di Gesù Cristo dice anche che Gesù stesso è il vangelo, il dono definitivo della salvezza. Egli è venuto «per il perdono dei peccati» (Mc 1,4b).

Questo è lo scopo primo e più importante della Buona Novella, la quintessenza della salvezza portata da Gesù. Nel volto di Gesù, infatti, vediamo la misericordia del Padre: «Nella luce di questo Giudice di misericordia, le nostre ginocchia si piegano in adorazione e le nostre mani e i nostri piedi rinvigoriscono. […] è la contemplazione del volto di Gesù morto e risorto che ricompone la nostra umanità» (Papa Francesco, Incontro con i rappresentanti del V Convegno Nazionale della Chiesa italiana, Cattedrale di Santa Maria del Fiore, 10 novembre 2015).

Il dono della pace e della misericordia chiede di essere annunciato. «A me, che sono l’ultimo fra tutti i santi – scrive l’Apostolo – è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo» (Ef 3,8). L’acuta e dolorosa consapevolezza della propria indegnità non ferma in San Paolo l’urgenza dell’annuncio; anzi ne esalta il carattere radicale di dono.

L’impenetrabile Mistero di riconciliazione brilla nella Chiesa. Al di là dei limiti e dei peccati di tutti noi donne e uomini di Chiesa, essa rappresenta uno spazio di pace e di speranza che Dio stesso ha realizzato in Cristo, «nel quale abbiamo la libertà di accedere a Dio» (Ef 3,12a).

«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri» (Mc 1,2b-3). In un certo vero senso Giovanni Battista è il primo annunciatore del vangelo che è Gesù.

Il Precursore dice: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali» (Mc 1,7). L’espressione “dopo di me” può essere letta non solo in senso temporale, ma anche spaziale come “dietro a me”. Con questa espressione Giovanni dice di avere un discepolo (Gesù) di cui egli stesso è indegno non solo di essere discepolo, ma anche di portare i sandali, cioè di essere schiavo! Egli ristabilisce la verità delle cose in un confronto tra se stesso e «colui che è più forte». Giovanni battezza «con l’acqua» e proclama al popolo la sua condizione di peccato ed il bisogno di conversione; ciò in attesa che “il più forte” battezzi l’uomo immergendolo «in Spirito Santo» (Mc 1,8b), nella vita stessa di Dio. E questo ci indica un preciso itinerario per l’Avvento: occorre riconoscere il proprio peccato, la radicale necessità che ciascuno di noi ha di essere redento, per poter accogliere con cuore povero e spalancato il perdono del Redentore che viene a farci partecipare della Sua stessa vita.

Questo dono ricevuto (il più prezioso talento che ci è stato affidato) chiede di essere restituito ai nostri fratelli. Strada privilegiata per farlo sono le opere di misericordia.