Pubblichiamo una riflessione dell’Arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, preparata in occasione della quarta domenica d’Avvento.

La quarta settimana di Avvento ci annuncia la venuta del Re Messia. Alla domanda del salmo responsoriale, dettata dall’attesa messianica – «Chi è questo re della gloria?» –, risponde la narrazione del Vangelo: «Gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada» (Lc 19,35-36). Gesù non entra nella città di Davide con il cavallo da guerra come fanno i principi conquistatori, ma con un puledro, simbolo, secondo il profeta Zaccaria, del principe della pace. Il Messia entra in Gerusalemme non per prendervi possesso secondo la logica del mondo, ma per dare la propria vita, rivelando così la propria identità. Egli è, veramente, colui che riconcilia cielo e terra (il principe della pace). «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!» (Lc 19,38). L’acclamazione gioiosa con cui Gesù viene accolto dalla folla dei discepoli rimanda all’inizio del vangelo di Luca, all’annuncio ai pastori; qui però non si fa più riferimento alla terra, ma solo al cielo: Pace in cielo, il luogo del compimento definitivo, ma Risorto, Gesù la comunica come primo dono ai credenti.

«In quel giorno, il germoglio del Signore crescerà in onore e gloria e il frutto della terra sarà a magnificenza e ornamento per i superstiti d’Israele» (Is 4,2). La parola del profeta Isaia sul germoglio del Signore annuncia il rifiorire della creazione, una nuova fecondità della terra che caratterizzerà l’era definitiva della redenzione di Sion. Quell’era definitiva che chiede oggi da tutti noi responsabilità verso il creato.

Il testo di Isaia è un invito alla speranza, fondata sulla presenza di un “resto” aperto all’azione di Dio e a lasciarsi purificare dal Signore. Il “resto” non è l’insieme dei perfetti o di coloro che possono salvarsi da sé, ma il popolo di coloro che sono consapevoli della loro immeritata elezione, cioè della misericordia di Dio, che sempre consente un nuovo inizio, anche in questi tempi di turbolenze talora tragiche. Il “resto” vive in funzione di tutti, come pegno della promessa che è rivolta a tutti.