Nella sua riflessione settimanale sul Sinodo ordinario dei Vescovi sulla famiglia in corso in Vaticano, il cardinale Angelo Scola richiama la necessità che le famiglie, aiutate dalle parrocchie, dalle associazioni e dai movimenti, ritrovino il senso pieno del «bell’amore».

 

Carissime e carissimi,

Intervenendo in questi giorni in Aula, Monsignor Frățilă, Vescovo di Bucarest dei romeni, ha parlato del martirio come esperienza creativa. Egli, insieme con tutta la Chiesa rumena, lo ha sperimentato sulla propria pelle negli anni del cosiddetto socialismo realizzato. L’espressione usata mi ha impressionato: come si può definire il martirio un’esperienza creativa?

In che senso lo può essere? E come può questo richiamo cambiare la nostra vita?

Non si tratta evidentemente di perseguire atti eroici ad ogni costo. Si tratta di comprendere, attraverso l’esperienza dei martiri, che siamo chiamati – nella fedeltà e nella pazienza – ad accettare la pro-vocazione che Dio ci fa attraverso tutte le circostanze e tutti i rapporti, affinché la nostra vocazione personale e familiare si possa compiere.

Il Vescovo rumeno ha esordito così per sottolineare la necessità che le nostre famiglie, con l’aiuto della comunità parrocchiale, delle associazioni e dei movimenti, ritrovino il senso pieno del bell’amore, capace di affermare l’altro in tutte le sue manifestazioni, anche nelle fragilità e fatiche. E perciò capace di essere fecondo nutrendo la vita della Chiesa e della società.

La vita quotidiana si fa “martirio della pazienza”, un’altra espressione usata al Sinodo, quando in ogni famiglia ci si lascia umilmente educare a viverla in pienezza. Gesù, come commenta S. Agostino, “si è fatto Via alla Verità e alla Vita” proprio per questo.

Guardiamo a ciò che in famiglia si vive ogni giorno: gli imprevisti e le malattie, lievi o pesanti, la novità e la routine, la gioia e le ferite tra marito e moglie, le tensioni con i figli che crescono, le difficoltà economiche, la sconvolgente visita della morte, i rapporti di vicinato, facili o difficili, l’emarginazione e la povertà che spesso affliggono il quartiere dove abitiamo, i problemi con i colleghi di lavoro o i compagni di scuola, la confusione generata da un modo strumentale di affrontare le problematiche del nostro tempo …

Cosa significa in tutto questo il martirio della pazienza?

Significa, come ci siamo richiamati nella Lettera Pastorale, attraversare ogni situazione certi dell’amore che Gesù ci dona e che Maria Santissima, con i Santi, ci aiutano a vivere, “piegando” a nostro vantaggio anche le situazioni più sfavorevoli. Le relazioni familiari diventeranno così, quasi spontaneamente, trasparenti della bellezza e della speranza che Gesù è venuto a portare nel mondo.

Questo aspetto è stato molto sottolineato nel lavoro del Sinodo di questa settimana, sia nell’ampio dibattito dentro i gruppi che nei numerosissimi – più di 200 – interventi in aula.

La testimonianza di Monsignor Frățilă mi ha interrogato e ha messo in discussione il mio modo di vivere la grande famiglia della nostra Diocesi spingendomi a confidarvi l’urgenza che ognuno di noi sia disponibile a cambiare i propri rapporti. Se faremo spazio alla grazia del Signore, mendicandola attraverso l’Eucaristia e la preghiera semplice del Rosario, ne sperimenteremo la potenza di conversione e di novità di vita.

Sono convinto che ciò abbia un grande peso all’interno della convivenza civile nella nostra realtà ambrosiana e milanese e sia la strada per affrontare le contraddizioni, le fragilità, gli elementi di illegalità, la difficoltà a vivere rapporti di cittadinanza rispettosi.

Infatti la riflessione sulla famiglia che sta impegnando i Padri sinodali non è limitata ad un frammento, ma ha a che fare con tutta la vita della Chiesa e della società.

Avvicinandosi il grande Anno Giubilare, invito ogni famiglia a prendere sul serio le opere di misericordia corporale suggerite dalla Chiesa: anzitutto conoscendole e poi mettendole in pratica attraverso qualche gesto concreto nella vita di questa settimana.