Riportiamo di seguito, come spunto di riflessione, uno stralcio del capitolo 1 del libro del card. Angelo Scola «Come nasce e come vive una comunità cristiana» (Venezia, Marcianum Press Editore).

Come nasce e come vive una comunità cristianaLa comunità cristiana nasce sempre dall’incontro personale con Gesù Cristo. Questo è il dato originario e fondamentale: qualunque altra definizione della comunità – un insieme di amici, gente mobilitata da un comune ideale, persone che vivono sullo stesso territorio, persone che domandano di pregare insieme… – se non giunge ad identificare la propria origine nell’incontro personale con Cristo, individua un livello di definizione penultima. Non arriva all’essenza della comunità cristiana. Uno è realmente membro della comunità cristiana a partire dall’incontro personale con Gesù Cristo. Basta leggere i Vangeli o gli scritti apostolici per vedere come il dinamismo dell’incontro personale con Gesù Cristo sia alla radice del metodo di vita cristiana: l’incontro con il paralitico (Mt 9, 1-7); con Matteo (Mt 9, 9); con la figlia di Giairo e con la donna ammalata (Mt 9, 18-26); con i due ciechi (Mt 9, 27-31); con il muto indemoniato (Mt 90,32-34); con il giovane ricco (Mt 19, 16-22); con la vedova di Naim (Lc 11, 11-17); con il centurione (Lc 7, 1-10); con la peccatrice (Lc 11, 36-50); con Zaccheo (Lc 19, 1-10); con i primi discepoli e con Natanaele (Gv 1, 35-51); con Nicodemo (Gv 3, 1-11); con la Samaritana (Gv 4, 1-42); con l’Eunuco (Gv 8, 26-40); con Saulo (At 9, 1-19); con Enea e Tabita (Atti 9, 32-41); con il centurione (Atti 10,1-48)…

Benedetto XVI lo ha ricordato a Verona con chiarezza: «Come ho scritto nell’Enciclica Deus caritas est, all’inizio dell’essere cristiano – e quindi all’origine della nostra testimonianza di credenti – non c’è una decisione etica o una grande idea, ma l’incontro con la Persona di Gesù Cristo, “che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva (n. 1)».

La comunità cristiana nasce da questo incontro personale della mia libertà con questa Persona singolare, Gesù Cristo, che manifesta una statura umana, una umanità così singolare perché veicola anche il Suo essere Dio. Il Catechismo della Chiesa Cattolica descrive in modo cristallino questo itinerario dall’incontro con l’umanità di Gesù alla confessione della Sua divinità: «tutto nella vita di Gesù è segno del suo Mistero. Attraverso i suoi gesti, i suoi miracoli, le sue parole, è stato rivelato che “in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col 2, 9). In tal modo la sua umanità appare come “il sacramento”, cioè il segno e lo strumento della sua divinità e della salvezza che egli reca: ciò che era visibile nella sua vita terrena condusse al Mistero invisibile della sua filiazione divina e della sua missione redentrice». Vi si vede come attraverso la Sua umanità, lentamente, accompagnati dallo Spirito, i discepoli, i Suoi, hanno riconosciuto la Sua divinità. E hanno giocato la loro vita, la loro libertà, con la Sua persona e con la Sua libertà.

Questo è il fattore genetico identificante della comunità. In un certo senso qualunque iniziativa una comunità parrocchiale o un’aggregazione di fedeli proponga – dal trovarsi a mangiare le castagne la sera dei morti, al campo estivo, fino alla celebrazione dell’Eucaristia – deve permettere a chiunque di identificare, direttamente o indirettamente, questa radice dell’incontro personale con Cristo. Ci fosse lì uno che non ha mai messo piede prima in un ambito ecclesiale, costui dovrebbe percepire che è chiamato all’incontro personale con Gesù, dovrebbe lì incontrare Gesù.

Per descrivere la natura propria dell’incontro personale con Gesù possiamo individuare due caratteristiche essenziali.

In primo luogo il fatto che l’incontro possiede sempre il carattere di una certa sorpresa, in qualche modo è sempre un imprevisto. Ma questo dato è il riverbero di un elemento più profondo: l’incontro ha la natura del dono, dell’assolutamente gratuito, di qualcosa che io non mi posso procurare da me. Nel discorso di Verona il Papa ha identificato tale natura assolutamente gratuita e sovrabbondante dell’avvenimento cristiano parlandoci della risurrezione di Gesù: «La risurrezione di Cristo è un fatto avvenuto nella storia, di cui gli Apostoli sono stati testimoni e non certo creatori (…) la risurrezione di Cristo è il centro della predicazione e della testimonianza cristiana, dall’inizio e fino alla fine dei tempi (…) la cifra di questo mistero è l’amore e soltanto nella logica dell’amore esso può essere accostato e in qualche modo compreso (…) La sua risurrezione è stata dunque come un’esplosione di luce, un’esplosione dell’amore che scioglie le catene del peccato e della morte. Essa ha inaugurato una nuova dimensione della vita e della realtà, dalla quale emerge un mondo nuovo, che penetra nel nostro mondo, lo trasforma e lo attira a sé».

Ma c’è una seconda caratteristica essenziale dell’incontro con il Risorto, quella che lo rende sommamente conveniente per ogni uomo di ogni tempo. MI riferisco al fatto che l’incontro con Gesù mi colpisce, mi afferra, coinvolge e muove la mia libertà. E questo perché «soltanto Cristo può pienamente soddisfare le attese profonde di ogni cuore umano e rispondere agli interrogativi più inquietanti sul dolore, sull’ingiustizia e il male, sulla morte e l’aldilà».

Quindi l’incontro personale con Gesù, origine della comunità cristiana, è l’incontro con Colui che risponde e soddisfa il mio desiderio e la mia domanda in modo assolutamente gratuito e inimmaginabile. Lo ha lucidamente capito Nicodemo che, pur non riuscendo ad aderire fino in fondo, individua questo duplice carattere quando, assecondando il dialogo con Gesù, si trova di fronte a questa affermazione del Maestro: «Se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio» (Gv 3, 3). «Come può un uomo nascere quando è vecchio?» (Gv 3, 4) diventa la sua domanda. In un certo senso questa dovrebbe essere la domanda di ogni cristiano maturo.