VENEZIA – Sabato 6 marzo in mattinata il Patriarca è stato invitato a intervenire al Convegno Diocesano dei  religiosi, delle religiose e degli istituti secolari  (CISM – USMI – GIS) che si tiene presso la sala  Sant’Appollonia a Venezia alle 9.30. Il tema del convegno è “Alla scuola di Cristo come discepoli e ministri”.

Qui si riportano gli appunti dell’intervento iniziale del card. Scola:

1. Scuola, etimologicamente (dal greco scholè) dice un luogo/rapporto di riposo, di “occupazione studiosa” in cui l’io si ritempra, si ricostruisce. Si tratta di “imparare” (discepolo: discere) Lui.

Il ministro (comparativo di minus: meno + ter: opposizione tra due, il meno di un gruppo, “servitore”) è “colui che serve”, o meglio: che è preso a servizio da Lui.

Il tu di Cristo domina: «I frati che vissero con lui sanno molto bene come ogni giorno, anzi, ogni momento, affiorasse sulle sua labbra il ricordo di Cristo, con quanta soavità e dolcezza egli Gli parlava, con quanta soavità ed amore egli discorresse con Lui, era davvero molto occupato con Gesù. Gesù portava sempre nel suo cuore, Gesù sulle labbra, Gesù nelle orecchie, Gesù negli occhi, Gesù nelle mani, Gesù in tutte le altre membra» (Tommaso Da Celano, Vita prima di San Francesco d’Assisi).

2. «Attraverso la professione dei consigli, infatti, il consacrato non solo fa di Cristo il senso della propria vita, ma si preoccupa di riprodurre in sé, per quanto possibile, “la forma di vita, che il Figlio di Dio prese quando venne nel mondo”. Abbracciando la verginità , egli fa suo l’amore verginale di Cristo e lo confessa al mondo quale Figlio unigenito, uno con il Padre (cfr Gv 10, 30; 14, 11); imitando la sua povertà, lo confessa Figlio che tutto riceve dal Padre e nell’amore tutto gli restituisce (cfr Gv 17, 7.10); aderendo, col sacrificio della propria libertà, al mistero della sua obbedienza filiale, lo confessa infinitamente amato ed amante, come Colui che si compiace solo della volontà del Padre (cfr Gv 4, 34), al quale è perfettamente unito e dal quale in tutto dipende» (Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Post Sinodale Vita Consacrata n. 16, 25 marzo 1996).

Emergono qui i caratteri costitutivi dell’amore oggettivo ed effettivo (mistero nuziale): fedeltà e fecondità.

3. Essere discepoli e ministri significa testimoniare, attraverso una fedeltà vissuta al carisma ricevuto, la bellezza, bontà, verità della sequela di Cristo a tutti gli uomini. La grazia del carisma rende persuasiva la grazia dell’Istituzione.

Il termine ministero in questo contesto va inteso per i consacrati primariamente in senso lato come servizio. Può articolarsi anche in precisi uffici e compiti. Nel caso poi dell’ordinazione sacerdotale entra in campo il ministero apostolico ordinato. Il ministro ordinato, ed in analogia ogni altro ministro, partecipa dell’unico sacerdozio di Cristo. Secondo il Nuovo Testamento Cristo è nello stesso tempo sacerdote vittima ed altare. Il Suo sacerdozio, e quindi ogni ministero, si modella sulla figura del Servo sofferente e su quella del Buon Pastore, non su quello levitico e tantomeno su quello pagano.

4. La Chiesa particolare vive sempre ad immagine della Chiesa universale e nello stesso tempo la Chiesa universale vive nelle e dalle Chiese particolari (LG, 23). Voi avete la responsabilità di testimoniare questo respiro di universalità nella Chiesa particolare.

Per fare questo dovete essere incarnati nel concreto della Chiesa veneziana che in questi anni sta vivendo la Visita Pastorale. La sequela è un evento di grazia che urge la mia libertà qui e ora. È necessario vivere l’appartenenza agli Ordini alle Congregazioni, agli Istituti secolari con questo doppio, gerarchico respiro di universalità e particolarità.

5. «Vogliamo elevare al Signore un inno di ringraziamento e di lode per la stessa vita consacrata. Se essa non ci fosse, quanto sarebbe più povero il mondo! Al di là delle superficiali valutazioni di funzionalità, la vita consacrata è importante proprio per il suo essere segno di gratuità e d’amore, e ciò tanto più in una società che rischia di essere soffocata nel vortice dell’effimero e dell’utile (cfr Vita consecrata, 105). La vita consacrata, invece, testimonia la sovrabbondanza d’amore che spinge a “perdere” la propria vita, come risposta alla sovrabbondanza di amore del Signore, che per primo ha “perduto” la sua vita per noi» (Benedetto XVI, 2 febbraio 2010, dall’Omelia ai vesperi).