Pubblichiamo una riflessione dell’Arcivescovo su questa sesta e ultima domenica di Avvento.
Oggi celebriamo la solennità della Divina Maternità della Vergine Maria: Maria è totalmente relativa a Gesù. A ben vedere quella di oggi è una festa del Signore, perché protagonista non è la Vergine Madre, ma il Verbo eterno del Padre che si fa carne nel suo grembo. Questa domenica, quindi – che nel rito ambrosiano si chiama anche Dell’Incarnazione – è il grande portico del mistero del Natale. Da qui la preghiera a cui la Chiesa ci invita: «Rallegrati, popolo santo; viene il tuo Salvatore» (Sal 71). Il Salmo ripete, quasi a imprimercelo nella mente e nel cuore, il motivo della gioia. E l’Epistola incalza: «Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino» (Fil 4, 4-5). L’annuncio che l’Apostolo fa con forza ai cristiani di Filippi non va preso come rimando al tempo finale, ma come riconoscimento di un presente. Paolo scrive «Il Signore è vicino», il Signore sta per venire, per dire con tutta verità che il Signore è presente. E Luca, nel Santo Vangelo, ce ne dà conferma: «Entrando da lei, disse: “Rallégrati,… il Signore è con te”» (Lc 1,28).

Il Vangelo insiste molto sul rapporto tra la presenza del Signore e la gioia che ne scaturisce e porta con sé l’amabilità dei fratelli. Questo apre alla comunicazione, al dono di sé all’altro. Il contrario di quel narcisismo, che può giungere a una sorta di autismo spirituale, la cifra delle nostre società avanzate.

All’ineffabile avvenimento dell’ormai prossimo Natale del Signore si lega, come scrive acutamente sant’Agostino, la nuova nascita dell’uomo: «Ci faccia diventare figli di Dio Colui che per noi volle diventare figlio dell’uomo» (Sermo 184).

Questa Nascita è un potente giudizio sul gelo demografico che caratterizza il nostro Paese e sul conseguente invecchiamento della popolazione, un dato non solo anagrafico. È un giudizio sul clima di mancanza di speranza, drammatico soprattutto nei giovani (oltre alle nascite, sono in calo anche i matrimoni), che si respira nelle nostre città, sempre più restie ad accogliere la vita in tutte le sue manifestazioni – dal concepimento fino al suo termine naturale. Eppure a Natale il ritmo frenetico del nostro tempo pre-occupato e distratto da ciò che veramente conta, miracolosamente si spezza. Si ferma, stupito, per far spazio a una nascita. E tutti sappiamo che è giusto fare così.

Anche se non riusciremo a tenere aperto questo squarcio di consapevolezza, tutti sappiamo che è bene celebrare una nascita: un bimbo che nasce è sempre un bene.

A questo bene siamo chiamati a dire di sì: «Ogni sì pieno a Dio dà origine a una storia nuova: dire sì a Dio è veramente “originale”, è origine, non il peccato che ci fa vecchi dentro» (Papa Francesco, Angelus dell’8 dicembre 2016).