Domenica 7 giugno il Patriarca card. Scola ha celebrato la messa nella Basilica del Santo a Padova in occasione della Tredicina di Sant’Antonio. Qui il testo dell’omelia pronunciata.
“1. Il metodo con cui Dio si rivela al mondo
«…ha mai tentato un dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un’altra… come fece per voi il Signore vostro Dio in Egitto, sotto i tuoi occhi?» (Dt 4, 32.34). Dio, che avrebbe potuto rivelarsi all’uomo in mille modi, ha preferito legarsi fisicamente ad un popolo per manifestare a tutti la sua grandezza e la sua misericordia.
L’elezione: senza questa categoria non si può capire né l’Antico né il Nuovo Testamento. Per imparare ad amare tutti bisogna scegliere di amare in verità, secondo la legge della prossimità, chi Dio ti assegna. Ciò che mi è dato dal disegno di Dio in rapporti e circostanze mi corrisponde. Non il contrario! A ragione il compianto Cardinale Lustiger ha scritto che oggi molti cristiani sono inconsapevolmente pagani, nella misura in cui ignorano o dimenticano la modalità con cui Dio ci ama che è quella dell’elezione”. ….
PONTIFICIA BASILICA DEL SANTO
SOLENNITÀ DELLA SANTISSIMA TRINITÀ
Dt 4,32-34.39-40; Sal 32; Rm 8,14-17; Mt 28,16-20
PADOVA, 7 GIUGNO 2009
TREDICINA DI SANT’ANTONIO
OMELIA DI S.E.R. CARD. ANGELO SCOLA, PATRIARCA DI VENEZIA
1. Il metodo con cui Dio si rivela al mondo
«…ha mai tentato un dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un’altra… come fece per voi il Signore vostro Dio in Egitto, sotto i tuoi occhi?» (Dt 4, 32.34). Dio, che avrebbe potuto rivelarsi all’uomo in mille modi, ha preferito legarsi fisicamente ad un popolo per manifestare a tutti la sua grandezza e la sua misericordia.
L’elezione: senza questa categoria non si può capire né l’Antico né il Nuovo Testamento. Per imparare ad amare tutti bisogna scegliere di amare in verità, secondo la legge della prossimità, chi Dio ti assegna. Ciò che mi è dato dal disegno di Dio in rapporti e circostanze mi corrisponde. Non il contrario! A ragione il compianto Cardinale Lustiger ha scritto che oggi molti cristiani sono inconsapevolmente pagani, nella misura in cui ignorano o dimenticano la modalità con cui Dio ci ama che è quella dell’elezione.
2. Uno sguardo sulla vita intima di Dio
Dio non ci ha solo reso nota la sua esistenza (ogni uomo ne ha un presentimento) attraverso le opere mirabili della creazione; non solo ci ha mostrato il metodo con cui si è legato e continuamente si lega a noi (l’amore di elezione); ma ci ha anche permesso di gettare uno sguardo nella sua essenza profonda. Il Figlio donato al mondo, l’eletto per eccellenza, ha voluto farci conoscere Dio. E lo ha fatto «nomen Trinitatis publicando» (cfr. Tommaso d’Aquino, Super sententiis, Proemio). Gesù sulla croce ha effuso lo Spirito che, attraverso la sua costante compagnia (Paraclito), ci conduce al Padre.
È per lo Spirito, infatti, che noi «gridiamo: “Abbà, Padre!”» (Rm 8,15). Se Paolo trascrive qui in lettere greche la parola aramaica, è perché Gesù l’aveva gridata così sulla croce. I primi cristiani avevano nettissima la coscienza che, se Gesù non avesse pronunciato questa parola, essi non avrebbero potuto ridirla. Sarebbe stata una presunzione, al limite una bestemmia, nel migliore dei casi una semplice aspirazione. Solo il Figlio può dire con verità Padre. Per questo noi possiamo pregare il Padre nostro solo nel Figlio. Nell’odierna solennità brilla allora il mistero centrale della nostra fede: la Santissima Trinità. Afferma il grande Atanasio che lo promosse strenuamente a Nicea: «…nella Chiesa viene annunciato un solo Dio che è al di sopra di ogni cosa, agisce per tutto ed è in tutte le cose (cfr. Ef 4, 6). È al di sopra di ogni cosa ovviamente come Padre, come principio ed origine. Agisce per tutto, certo per mezzo del Verbo. Infine opera in tutte le cose nello Spirito Santo» (Lett. 1 a Seraf. 28-30).
3. «Tutto intero ti devi a Lui»
La fede, come abbiamo visto nella Prima Lettura, è fondata su fatti storici concreti. Essa richiede da noi non una risposta teorica, ma una adesione che metta in gioco la totalità della nostra persona e della nostra esistenza. Come ha detto, e soprattutto fatto, Sant’Antonio: «Amerai il Signore tuo Dio che, creandoti, diede te a te stesso; e che facendosi uomo per te, ti ristabilì e, dandosi a te, restituì te a te stesso. Dato e restituito, a Lui dunque tu ti devi, due volte ti devi, tutto intero ti devi» (S. Antonii Patavini, Sermones domenicales et festivi, Padova 1979, vol. II, p. 163).
E questa dedizione totale nella risposta fu in Sant’Antonio letterale: l’amore di Dio e dei fratelli in Lui bruciò la sua breve – 36 anni – e intensissima esistenza, come narrano anche gli antichi biografi: «morì per sfinimento di eccesso di lavoro e per scarso nutrimento e riposo».
4. Testimonianza, l’azione per eccellenza
La sua vocazione nasce e si sviluppa all’insegna del martirio/testimonianza a tutto il mondo, secondo il comando di Cristo ai suoi che il Vangelo di oggi ci richiama con decisione: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,19-20). Dopo l’uccisione dei cinque protomartiri francescani in Marocco, Antonio chiese ed ottenne di imbarcarsi per l’Africa, ma appena giunto contrasse la malaria e fu costretto a tornare.
Prese parte al famoso Capitolo delle stuoie convocato da San Francesco e fu Francesco stesso che lo scelse come predicatore itinerante e maestro di teologia dei confratelli. A Padova giunse nell’ultimo anno della sua vita (1231), ma la sua fu un’azione decisiva che segnò la rifondazione cristiana di Padova, la sua rinascita. Vi predicò la Quaresima, la prima Quaresima con predicazione quotidiana ininterrotta di cui si abbia memoria nella Chiesa d’Occidente, un’innovazione destinata ad avere uno sviluppo grandioso nei secoli successivi.
5. Carità-verità: un nesso inscindibile
Nel carisma concesso dallo Spirito ad Antonio brilla l’inscindibile nesso tra carità e verità. Ne era ben consapevole Pio XII quando lo insignì del titolo di dottore evangelico. Infatti, la riduzione della carità ad un umanitarismo generico e “neutrale”, che lascia in secondo piano la verità vivente e personale di Gesù Cristo, è una tentazione sempre incombente. Tanto più oggi in una società interculturale e interreligiosa come la nostra.
Antonio, che come Francesco ebbe una particolare predilezione per i poveri, prima ancora che dalla povertà di beni economici e di potere politico, fu colpito dalla povertà di sapere circa il senso della vita e il destino dell’uomo. E per combattere questa forma di povertà impiegò attivamente l’ultimo decennio della sua vita, impegnandosi in un dialogo robusto per dar ragione del pensiero di Cristo ai suoi interlocutori. Perché – come ha ricordato due anni fa il Santo Padre nel suo viaggio apostolico ad Assisi – «È Cristo la verità divina, l’eterno “Logos”, in cui ogni “dia-logos” nel tempo trova il suo ultimo fondamento. Francesco incarna profondamente questa verità “cristologica” che è alle radici dell’esistenza umana, del cosmo, della storia» (Benedetto XVI, Assisi 17 giugno 2007).
6. Il linguaggio dei miracoli
Il linguaggio dei miracoli è quello più familiare al Santo di tutto il mondo, per rubare l’espressione a Papa Leone XIII. Ma il miracolo da cui hanno origine tutti gli altri, anche gli innumerevoli operati da Sant’Antonio, è Cristo risorto nel suo vero corpo che sprigiona energia salvifica. E della salvezza – soddisfazione del più profondo desiderio del nostro cuore: essere definitivamente amati e poter definitivamente amare – ogni uomo ha bisogno più di ogni altra cosa.
Come documenta il commovente testo della più antica preghiera a Sant’Antonio, la popolarissima Si quaeris: «Se chiedi miracoli, subito fuggono la morte, gli errori e le disgrazie. Gli ammalati si levano guariti, il mare si calma, le catene si rompono. I giovani e i vecchi sono esauditi: riacquistano l’uso delle membra, ritrovano le cose perdute. Svaniscono i pericoli, finisce ogni miseria. Raccontino queste cose quelli che le sanno; le dicano specialmente i padovani…» (traduzione del Si quaeris, Preghiera in onore di Sant’Antonio, composta nel 1233).
Carissimi, questo compito urgente e affascinante si rinnova per tutti noi oggi. Sant’Antonio ce ne propizi l’energia. Amen