UNA NUOVA LAICITA’ – Viene proposto anche questa settimana, sull’acceso dibattito sulla laicità dello stato, uno stralcio del capitolo VII del libro del card. Angelo Scola, “Una nuova laicità. Temi per una società plurale” (Marsilio, 2007):

“La domanda di senso oggi”

Non sono pochi gli stimoli pieni di fascino che il pensiero contemporaneo non cessa di offrire con i suoi variegati tentativi, più o meno consapevoli, di prendere sul serio sia la radicalità della domanda leopardiana – «ed io che sono?» – sia l’urto della provocazione rivolta dal Creatore ad Adamo: «Adamo, dove sei?». Infatti, attraverso le mille circostanze della storia e una qualche rete di rapporti di autentico amore, il Padre benefico continua a suscitare nell’uomo l’instancabile desiderio di scoprire chi è e dove è. E anche quando questo desiderio si perde lungo sentieri interrotti senza incontrare il volto luminoso perché liberante dell’Origine-Meta (Verità), resta in ogni caso indizio di una sete che non si spegne e che in ultima analisi lascia sperare.

Anche a noi, uomini impagliati, accade di veder spuntare miracolosamente, sul terreno della solidale umana compassione, le domande ultime del senso religioso, fragile filo d’erba che riesce a bucare la montagna dei detriti sotto cui l’abbiamo sepolto: «Per me esiste la pressione assoluta mente innegabile di una Presenza aliena alla spiegazione» (G. Steiner, Errata, Milano, Garzanti, 1998, p. 200). Attraverso gli affetti e il lavoro, l’Autore della storia non si stanca di richiamare l’uomo a quell’esperienza elementare che costituisce la via sicura lungo la quale correre verso la meta senza la meccanica pretesa di fabbricarla e di dominarla.

Su queste basi il problema di ripensare la direzione della storia torna inevitabilmente in campo, ma con i connotati culturali propri del nostro tempo. Una prima direzione ci viene suggerita dal filone politico. Basti pensare alla diffusione avuta dalla tesi di Fukuyama sulla fine della storia. Da una parte l’uomo occidentale ha dimostrato di sapersi liberare da una concezione di storia intesa come il progressivo realizzarsi di un’idea astratta e assoluta, concepita a priori. E la caduta dei totalitarismi che di questa «idea» hanno rappresentato l’incarnazione pratica e violenta ne è clamorosa conferma. Dall’altra però, Fukuyama e i suoi corifei non hanno saputo evitare l’ingenuità di ritenere che la forma politica del liberismo, che sarebbe posta per sempre al riparo da crisi distruttive in forza del suo presunto equilibrio interno, potesse rappresentare la fase finale della storia. Il tragico scenario che oggi, dopo la mitica caduta del muro, sta sotto i nostri occhi, smentisce la presunzione di non dover più attendere radicali trasformazioni perché è venuta meno la forma immanentistica e assolutista della storia e si è imposto quale panacea il liberismo.

Una seconda direzione che indica – sia pure con notevoli ambivalenze – il bisogno di ripensare in senso giudaico-cristiano il progresso, è quella scientifica. Qui conviene fare cenno almeno a due dati.

Il primo è rappresentato dagli strabilianti risultati ottenuti, soprattutto in campo biologico, grazie al connubio scienze-tecnologie. Come evitare che l’esaltante avventura della libertà di ricerca, invece che a servizio effettivo della persona e di tutta la famiglia umana, sia ancora una volta strumentalizzata dalla violenza ideologica che attenta al sacrario dell’umana dignità e libertà?

Un secondo elemento, su una scala più ampia, è legato alla cosiddetta questione ecologica. Anche qui siamo sospesi a un’antitesi che invoca una scelta di libera civiltà. Dopo tanta colpevole trascuratezza, oggi siamo molto più avveduti e continuamente richiamati a riscoprire il creato e averne cura, certo. Ma come evitare di cadere in una sorta di escatologia minacciosa, i cui «novissimi» sembrano destinare l’umanità a una lotta senza quartiere, catastrofica e disperata, dell’intelligenza contro un destino di entropia e, quindi, di annientamento?