La testimonianza dei martiri cristiani di oggi è offerta alla libertà di ogni nostro fratello uomo. Un segno: è il modo che Dio ha scelto per rendersi presente e consentire all’uomo di restare uomo, cioè libero.

Maria Maddalena, Cefa, i Dodici, i cinquecento della Chiesa primitiva, Giacomo, Paolo, Luca, Teofilo… E poi Ambrogio, Carlo, Federigo, Andrea Ferrari, Ildefonso Schuster, Carlo Gnocchi, Gianna Maria Beretta Molla, Giovanni Battista Montini… E infine tu ed io, e tutti i fratelli e le sorelle con cui quest’anno in tutte le chiese ambrosiane e in quelle del mondo viene celebrata la Pasqua.

È impressionante, oltre che commovente, che le letture della domenica di Pasqua ci mettano di fronte a un intreccio di incontri e di testimonianze. Gesù Risorto si dà a vedere, si manifesta ai Suoi rendendoli, per questo solo fatto, testimoni. Da quel primo giorno dopo il sabato fino ai nostri giorni, la storia si è dipanata come una catena ininterrotta di testimoni. Essi hanno reso possibile anche a noi dire oggi con assoluta verità le stesse parole che la Maddalena annunciò ai discepoli: «Ho visto il Signore!».

Ma possiamo dirlo veramente e non per modo di dire? La nostra fede non è piuttosto un insieme di buoni sentimenti, di buoni precetti, di indicazioni etiche per rendere più vivibile la vita? Dobbiamo proprio credere che Gesù è risorto? Che ne penseranno i nostri fratelli uomini? Più o meno esplicitamente ci considereranno come dei visionari. Davanti alla nostra ostinazione nel parlare di Gesù risorto, possiamo aspettarci da loro qualcosa di più che una bonaria indulgenza?

«Per grazia di Dio sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana». Le parole di Paolo ai cristiani di Corinto ci offrono la strada per meglio cogliere la profonda ragionevolezza della nostra fede nel Risorto. Un’umanità nuova – gli autori biblici, infatti, non hanno trovato altra espressione per descriverla che “nuova creatura”, “uomo nuovo” – è il frutto e, nello stesso tempo, un segno formidabile della Risurrezione di Cristo. Con essa la novità è entrata definitivamente nel mondo, spezzando le catene della morte che lo avvolgevano e donando agli uomini la caparra della vita eterna. Una caparra che non ci risparmia la drammatica prova della morte, ma l’ha resa veramente un passaggio (è questo il significato della parola pasqua) e non l’inevitabile sbocco finale.

Qual è la più eclatante caparra della vita eterna che tutti possono toccare con mano? Pensiamo alle tante impressionanti testimonianze che sono rimbalzate, attraverso i media, in tutto il mondo del perdono offerto dai martiri cristiani ai loro boia. Come spiegare un avvenimento del genere? Gli uomini – pochi, in verità – sono capaci persino di dare la vita per un grande ideale. Possono immaginare che il loro sacrificio potrà addirittura rendere più forte tale ideale. Ma con le sole loro forze non riescono a perdonare chi li uccide ingiustamente. I seguaci di Gesù Risorto cercano di farlo, spesso l’hanno fatto e continuano a farlo anche oggi.

Essi sono per eccellenza i testimoni del Risorto. La loro testimonianza, non può essere diversamente, è offerta alla libertà, alla tua, alla mia, come a quella di ogni nostro fratello uomo. Un segno offerto alla libertà: è il modo che Dio ha scelto per rendersi presente e consentire all’uomo di restare uomo, cioè libero.