BenedizioneOgni anno per la Festa del Redentore, che cade la terza domenica di luglio, il card. Angelo Scola, Patriarca di Venezia, rivolge ai fedeli della città di Venezia e a tutto il Paese un articolato e approfondito discorso che, radicato nel significato della festa religiosa dedicata al Cristo Redentore, festa di speranza divenuta negli anni partecipatissima festa civile, si offre quale opportunità ideale per affrontate aspetti decisivi per la costruzione della vita buona personale e comunitaria.
La prossima Festa sarà domenica 19 luglio. In preparazione a tale ricorrenza, si ripercorre il passo segnato dai discorsi dal 2004 al 2008.

Il discorso pronunciato il 15 luglio 2008 si intitola: “La famiglia italiana fonte di progresso”
(Per la versione integrale del testo selezionare l’apposita sezione “Discorsi del Redentore”)

1. Colui che si prende cura
(…)Il profeta Ezechiele ci parla del Pastore che passa in rassegna il suo gregge, lo raccoglie, lo fa pascolare con giustizia sui monti della terra promessa, lo fa riposare in un buon ovile, fascia le sue ferite e ha cura di ogni singola pecora .

2. La strada del Padre
Il Beato Giovanni XXIII, che fu nostro amato Patriarca e di cui quest’anno abbiamo celebrato il 50° di elezione al papato, nelle preziose Agende veneziane, ritorna continuamente sulla figura del Buon Pastore evangelico (cfr Gv 10). Tutti noi conosciamo bene il tratto pastorale che Egli, sulla scorta della sua esperienza, impresse al Concilio Vaticano II.
Il patriarca Roncalli, riflettendo sull’insuperabile profondità della cura di cui siamo oggetto da parte di Dio, associò alla figura del Pastore quella del Padre ricco e misericordioso. Non a caso il Vangelo di questa Festa afferma: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui» (Gv 3, 16-17). (…)

3. Una risorsa decisiva
Io credo che una via privilegiata per penetrare il senso profondo della paternità cui Gesù Buon Pastore ci introduce sia l’esperienza, comune ad ogni uomo, della famiglia. Per questo, oggi, sulla scorta della Dottrina Sociale della Chiesa, vorrei dedicare qualche riflessione alla realtà della famiglia nel nostro Paese. (…)
In un contesto sociale in rapida e spesso caotica trasformazione, divenuto più “liquido” come dicono gli studiosi, bisogna porre un fondamento solido, come i pali su cui da secoli si reggono gli edifici della nostra mirabile Venezia.
Se guardiamo i recenti dati ISTAT e CENSIS scopriamo che in Italia la famiglia, così come la definisce la Costituzione (cfr. articoli 29-31; 37), rappresenta nei fatti una risorsa decisiva per il progresso dell’intera società.
Quando si parla di progresso bisogna evitare un grave equivoco. Quello di identificarlo con l’inedito, bollando come immobile conservatorismo tutto ciò che rinnova la tradizione. Il vero progresso invece sa innestare il nuovo sull’antico. (…)

4. Il proprium della famiglia
Il celebre antropologo Lévi-Strauss parlava dell’unione socialmente approvata di un uomo e una donna e i loro figli come di «un fenomeno universale, presente in ogni e qualunque tipo di società». Identificava in tal modo il proprium della famiglia. Reputo che questo dato sia ancora attuale e non possa essere ragionevolmente smentito.
L’affermazione di Lévi-Strauss è chiara nel contenuto di fondo, anche se va interpretata in modo adeguato. Riconosce il fatto che esiste una sorta di “società naturale”, fondata su un doppio legame: quello tra l’uomo e la donna e quello tra genitori e figli. Il che non significa far riferimento ad un modello storico particolare di famiglia, tantomeno sostenere che la realtà della famiglia coincide con la famiglia nucleare così come noi oggi in Italia generalmente la conosciamo. Questo importante rilievo si limita a registrare l’esistenza di una sorta di “universale sociale e culturale”, che però è ben riscontrabile empiricamente, e lo è, praticamente, in ogni società. (…)

5. Al servizio dell’identità dell’io
Il quotidiano e stabile rapporto “io-tu” che passa attraverso le relazioni primarie vissute in famiglia favorisce normalmente la equilibrata crescita della persona.
L’identità della persona è strettamente connessa sia alla presenza della coppia generativa, sia alla storia delle generazioni di cui è espressione. È questo un dato costante, comune ad ogni esperienza familiare. Né si tratta di un dato puramente biologico. Infatti «con la famiglia si collega la genealogia di ogni uomo: “la genealogia della persona”» (Giovanni Paolo II). (…)

6. Un insostituibile luogo educativo
Un’altra caratteristica dell’ “universale sociale” che è la famiglia è il suo essere luogo educativo fondamentale. «La famiglia costituisce “una comunità di amore e di solidarietà che è in modo unico adatta ad insegnare e a trasmettere valori culturali, etici, sociali, spirituali e religiosi, essenziali per lo sviluppo e il benessere dei propri membri e della società”» (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa n. 238).
La famiglia infatti trasmette, quasi per osmosi, l’esperienza morale elementare (ethos). È la società elementare in cui ognuno, attraverso il bene primario degli affetti, è “riconosciuto” come persona – il sorriso della madre al bambino gli dice: “è bene che tu sia” – e fiduciosamente spalancato al futuro da una “promessa” di felicità da cui scaturisce un “compito” che deve essere assunto nel rapporto tra le persone e nello scambio tra le generazioni. (…)

7. La famiglia alla prova
Non si deve però credere che questo ethos familiare sia di per sé garantito dai rischi di un suo impoverimento. In ogni relazione familiare, la fiducia e la giustizia convivono con il loro opposto. Nessuna famiglia ne è immune: in ognuna vive una certa quota di mancanza di fiducia, di ingiustizia e di prevaricazione.
In particolare nell’odierna cultura la famiglia è messa alla prova dalla riduzione degli affetti a pure emozioni, per loro natura transitorie e instabili. Le emozioni però non generano quella duratura promessa che rende ragionevole la vita come compito. (…)

8. Una risorsa per tutta la società
Nella società italiana, pur tra molteplici e crescenti difficoltà, si registra ancora una fitta rete di scambi, di prestazioni di cure, di solidarietà che legano i vari membri della famiglia e delle generazioni, anche se ciò raramente viene messo in evidenza con la dovuta consapevolezza.
In questo possiamo vedere all’opera l’ethos tipico dei legami familiari e la loro fecondità sia sul piano personale, sia su quello sociale.
C’è una stretta relazione tra appartenenza alla società e appartenenza ad una famiglia: la famiglia è matrice dell’appartenenza sociale, in essa nasce la fiducia, si sviluppa la capacità di cooperare responsabilmente al bene comune in un incessante scambio reciproco. Per queste sue prerogative la famiglia viene considerata un capitale sociale primario che, se consolidato e incrementato genererà benessere per l’intera comunità sociale, se consumato o indebolito porterà inesorabilmente allo sfaldamento del tessuto societario. (…)

9. La famiglia come attore economico
La famiglia non è semplicemente un attore importante sul “mercato”. Essa, infatti, è il luogo normale della soddisfazione dei bisogni elementari dei suoi membri, anche attraverso il godimento dei beni e dei servizi che vi vengono autoprodotti. Spesso è il lavoro femminile che sostiene direttamente o indirettamente la produzione di beni veri e propri che, pur non transitando per il mercato, sono consumati e contribuiscono al ben-essere. Le misure economiche standard del ben-essere sono però costruite in modo da ignorare sistematicamente il contributo delle famiglie – e segnatamente delle donne: il lavoro non pagato non entra nel calcolo del reddito nazionale, pur contribuendo al benessere. (…)

10. Urgenza di politiche sociali per la famiglia
L’indebolimento della famiglia trascina con sé quello della intera comunità e rende vano ogni tentativo di rafforzare la coesione sociale. Ecco perché è urgente che lo Stato e le istituzioni pubbliche (sia centrali sia locali) comprendano quali sono le strategie più opportune per tutelare e promuovere la famiglia.
Chi proclama di avere il massimo interesse per il benessere della società, ma non propone interventi autenticamente tesi a rafforzare la famiglia, si illude di compiere scelte ‘neutrali’ nei confronti della famiglia. In realtà ogni azione che non passi attraverso di essa, la indebolisce ed erode il benessere sociale alle fondamenta.(…)

11. Un fisco a misura di famiglia
Il nucleo centrale di tali interventi, in assenza del quale l’intero castello non può sostenersi, è l’attuazione di “un fisco a misura di famiglia” – già attuato in buona parte dei paesi europei -, unico in grado di garantire un’autentica equità fiscale, riconoscendo il ruolo insostituibile della famiglia quale luogo in cui avviene il ricambio generazionale.
È noto che, fino ad oggi, le politiche fiscali del nostro Paese (al di fuori dei nostri confini la situazione è sensibilmente diversa) non solo non riconoscono, ma penalizzano in modo notevole le famiglie con figli (“più figli hai peggio stai”).
Chi si oppone all’attuazione di un fisco a misura di famiglia, spesso considera tali interventi antitetici alle politiche di contrasto alla povertà. A questo proposito occorre rimuovere alla radice il pregiudizio secondo il quale politiche fiscali chiaramente orientate alla famiglia penalizzerebbero le classi povere a vantaggio di quelle medie. In realtà, una buona politica familiare costituisce una misura estremamente efficace nella prevenzione della povertà, facendo contribuire ciascuno secondo le reali disponibilità economiche, ma lasciando alle persone e alle famiglie risorse sufficienti per rispondere in modo libero e responsabile ai propri bisogni. (…)

12. Le politiche di conciliazione famiglia-lavoro
Su un fronte diverso da quello prettamente fiscale, si collocano poi le politiche di conciliazione famiglia-lavoro.
Relativamente ad esse, occorre in prima battuta evidenziare come l’attuale assetto dei sistemi di welfare europei da una parte si sia consolidato attraverso l’introduzione, per via legislativa, di norme vincolanti i contesti lavorativi al rispetto dei diritti del dipendente a un sufficiente tempo per sé e per le proprie relazioni personali (ad esempio: normative che stabiliscono l’orario massimo di lavoro settimanale o leggi sui congedi); dall’altra incentivando agevolazioni, solitamente di tipo fiscale, per chi organizza il sistema lavoro in maniera sensibile alle esigenze personali dei dipendenti. (…)

13. Politiche familiari per “quale” famiglia?
Da ultimo, non va taciuta un’altra fondamentale questione rispetto alla quale soluzioni diverse possono avere effetti diametralmente opposti.
Si tratta della scelta di porre come criterio distintivo della famiglia il vincolo matrimoniale.(…)
Lo ripetiamo: la relazione familiare resta un unicum insostituibile, perché tiene insieme le differenze originarie e fondamentali dell’umano, quella sessuale tra l’uomo e la donna che ha come obiettivo e intrinseco orizzonte la fecondità, e quella tra le generazioni.(..)

14. L’apporto della Chiesa
(…) Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi carne, non è il Redentore di individui separati dalla comunità. Egli è il Redentore di ciascuno e di tutta l’umanità. Lo è anche della famiglia. Egli ha voluto farne esperienza diretta, è cresciuto nella Santa Famiglia di Nazaret in cui affetti, promessa e compito vivevano in perfetta armonia.
In questo vespero del Santissimo Redentore Gesù viene incontro alle nostre famiglie per compiere la promessa di felicità insita in questa insostituibile istituzione sociale.
La Chiesa santa di Dio – il cui unico compito è lasciar trasparire sul proprio volto quello di Cristo, luce delle genti – promuovendo la famiglia fondata sul matrimonio indissolubile tra l’uomo e la donna e aperta alla vita, umilmente continua a perseguire il mandato del Suo fondatore. (…)