Il card. Angelo Scola sarà a Biella martedì 19 Maggio per un dialogo sul tema dell’educazione.
Offrirà la spunto all’incontro la presentazione del libro del Patriarca “Come nasce e come vive una comunità cristiana” (Marcianum Press 2007).
Si propongono qui due recensioni del volume, la prima a firma di Mons. Sergio Lanza, Professore di Teologia pastorale alla Pontificia Università Lateranense di Roma, la seconda di don Andrea Toniolo, propreside alla Facoltà Teologica del Triveneto.
L’incontro pubblico, che si svolgerà presso l’Auditorium Città Studi, sarà concluso dall’intervento del di mons. Gabriele Mana, vescovo di Biella.
Uno strumento di lavoro
Non un libro da leggere, ma uno strumento di lavoro – ricco di preziosa sapienza – da assimilare con frequentazione diuturna.
Il predominio del pensiero tecnopratico mortifica l’idea stessa di metodo, irretita nelle maglie strette di determinazioni procedurali pragmatiche. Viene ad estenuarsi, così, la concezione originaria di itinerario pensato (metodos), in cui prima delle procedure e delle tecniche contano le sorgenti, le relazioni, le ispirazioni, i modelli di vita.
Su questo sentiero si colloca decisamente lo “strumento di lavoro” – Come nasce e come vive una comunità cristiana. A partire dal IV Convengo Ecclesiale di Verona. Una scuola di metodo – del Patriarca di Venezia, Card. Angelo Scola.
Scuola di metodo. In alcun modo, pertanto, come offerta di materiali di sussidiazione e di facile consumo, che attraggono gli operatori, ma si mostrano ben presto incapaci di autentico rinnovamento; nel senso piuttosto, di ciò che sta alla radice, che delinea una visione e traccia un cammino.
Metodo non come procedura di esecuzione di carattere tecnopoietico, ma nel senso originario e formale di una impostazione, una mentalità, uno stile: una via (metodos).
Una prospettiva che si impara vivendo, che si comunica per osmosi, per radicazione interiore del dinamismo relazionale; dove la sequela dell’Unico sull’unica via si apre alla multiforme ricchezza dei doni dello Spirito, che anima la irripetibilità personale della biografia di ciascuno:
“Quando parliamo di metodo, pertanto, non ci riferiamo a particolari tecniche pedagogiche, a strategie o a pianificazioni, ma vogliamo sorprendere ed imparare insieme come Gesù diede origine alla Chiesa, alla prima comunità cristiana, ben consapevoli che non ci potrà essere un’altra strada percorribile” (p.5).
La scaturigine, allora, non sta nel campo delle abilities, delle competenze operative, ma nel nucleo generatore dell’evento, nella dinamica innescata dall’incontro, nella trasformazione profonda e intima che ne deriva.
È la logica stringente dell’amore come esperienza originante e trasformante.
La vicenda ecclesiale – la pastorale – non si struttura allora per compartimenti predefiniti, ristretti all’ombra del campanile e ripiegati nella logica delle prestazioni di servizi, ma si costruisce dal di dentro del vissuto, si china “sugli ambiti dell’umana esistenza: la vita affettiva e la famiglia, il lavoro e la festa, l’educazione e la cultura, le condizioni di povertà e di sofferenza, la responsabilità della vita sociale e politica. Come si può intuire tra gli ambiti di Verona e quelli identificati nel nostro cammino vi è una sostanziale identità; infatti parlando di cultura, sofferenza e vita sociale e politica Verona non fa altro che specificare ulteriormente il contesto sociale e storico in cui gli uomini si trovano ad amare e a lavorare” (p.8s.).
Radici, albero, rami e frutti che dicono un sostantivo quadrinomio: “rigenerare il popolo di Dio, educare al pensiero di Cristo, educare al gratuito e vivere le dimensioni del mondo” (p.9).
Sono i quattro capitoli di questo originale lavoro, un vero e proprio vade mecum per la formazione di coloro che hanno a cuore l’autentico rinnovamento ecclesiale, per quanti si spendono per l’edificazione e la missione della comunità ecclesiale.
Tutto è comandato dal riferimento a Cristo, “il fattore genetico identificante della comunità”: esso e non altro rende riconoscibile le comunità come ecclesia Dei, esso e non altro le rende, pur nella differenza delle configurazioni storiche e culturali, tenda dell’incontro per chi le si avvicina.
È questo il senso pastorale di quanto affermato come principio assiologico da Benedetto XVI:
“All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva. Nel suo Vangelo Giovanni aveva espresso quest’avvenimento con le seguenti parole: « Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui … abbia la vita eterna » (3, 16). Con la centralità dell’amore, la fede cristiana ha accolto quello che era il nucleo della fede d’Israele e al contempo ha dato a questo nucleo una nuova profondità e ampiezza” (DCE 1).
A partire da questo nucleo generatore, lo strumento di lavoro elaborato – nel tessuto vivo di una esperienza di Chiesa – dal Patriarca di Venezia delinea i capisaldi dell’impegno educativo per una testimonianza a tutto campo.
In filigrana, la parola autorevole del Papa a Verona, di cui il saggio offre prezioso commento e pertinente sviluppo.
La prospettiva dello strumento di lavoro sventa la tentazione decadente di considerare i cinque “ambiti” del Convegno come settori di iniziative pastorali, per restituirli alla loro vera natura di dimensioni costitutive dell’umano.
La vicenda ecclesiale e umana è sempre presente, nel suo spessore storico di luogo della salvezza, secondo la logica dell’incarnazione. Ma proprio questa logica, assunta nella sua verità, impone anzitutto un cammino interiore, uno scavo in profondità, là dove stanno le sorgenti da cui scaturisce lo zampillo dell’intelligenza della fede nella sua capacità di illuminare il senso e indicare la direzione. È l’unità costitutiva – originaria e creativa – di pensiero ed esperienza, forma della realtà, per cui il nesso fede / vita non si colloca nella dinamica sequenziale della coerenza, ma in quella fontale della esigenza che urge dall’interno.
Da qui scaturisce lo slancio della missione, che si pone come testimonianza e si allarga a tutti gli ambiti dell’umana esistenza:
“Questo è il punto critico nella missione cristiana di oggi. Non mostriamo la rilevanza di Cristo nella vita quotidiana della gente e allora la gente – a partire da noi stessi – non capisce perché deve seguire Cristo. Non si vede come tutti i misteri della vita di Cristo e i misteri che Cristo ci ha rivelato, incidono sul modo concreto di vivere” (138).
Il proselitismo appartiene alla logica del marketing, la testimonianza a quella dell’amore: “testimoniare non è insegnare, ma fare insieme un percorso” (152).
Per rispondere a tutto questo è necessaria l’umiltà di considerarsi sempre “come scolaretti” (p. 36).
Non un libro da leggere, si diceva. Un compagno di viaggio.
Sergio Lanza
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Il pensiero di Cristo
“L’educazione al pensiero di Cristo implica il vivere la realtà come Cristo l’ha percepita e sperimentata…vivere il pensiero di Cristo significa essere in rapporto con la realtà a partire dall’incontro personale con Gesù” (p. 56): in questo passaggio è chiaramente evocato uno dei temi principali che innerva l’ultima opera del patriarca di Venezia, il cardinale Angelo Scola, quello dell’educazione di e in una comunità cristiana.
Il volume ha una carattere eminentemente concreto, nasce dalla pastorale ed è per la pastorale: è il frutto dell’attività del Vescovo di Venezia e del confronto costante con i fedeli; costruito nell’alternanza di riflessioni e dialoghi, si offre come uno strumento agile, che ridisegna le coordinate fondamentali dell’origine e della crescita della comunità credente (la comunione, l’educazione, la gratuità, la testimonianza costituiscono i quattro capitoli dell’opera).
Ampio spazio è stato riservato ai dialoghi, nati sempre dal contesto pastorale, dove l’Autore ha l’occasione di richiamare con esemplificazione alcune tematiche attuali a lui care come quelle del meticciato delle civiltà, della nuova laicità, della giustizia sociale, dell’educazione.
Oltre ad affrontare un argomento centrale nel dibattito recente della Chiesa italiana – il rinnovamento della parrocchia – l’Autore propone una ripresa metodica del IV Convegno della Chiesa italiana (Verona 2006), con riferimento costante al discorso ivi tenuto da Benedetto XVI. Il merito del volume consiste, infatti, nel tentativo di declinare all’interno del contesto concreto di una Diocesi e con coerenza il cambio metodologico-pastorale inaugurato dal convegno di Verona: “Sostituire la tradizionale pastorale per settori, sempre esposta alla pretesa di produrre la comunione come esito di programmi e di analisi, con una pastorale per ambiti con al centro il soggetto personale e comunitario” (p. 10). I cristiani sono testimoni di Gesù Cristo, nel senso che Gesù costituisce l’incipit, l’origine della Chiesa, da cui scaturisce la testimonianza negli ambiti di vita: affetti, lavoro e riposo, cittadinanza e tradizione. A mio avviso tale cambio di prospettiva costituisce uno dei contributi più importanti del Convegno ecclesiale di Verona, che rischia di passare in sordina.
Nel volume tale dinamica testimoniale delle comunità cristiane ( il “metodo” pastorale) viene declinata in ogni capitolo: si procede dal mistero della fede (che è sempre e di nuovo l’incontro con Gesù Cristo) e di conseguenza si illuminano gli ambiti della vita: “La comunità cristiana nasce da questo incontro personale della mia libertà con questa Persona singolare, Gesù Cristo” (p. 22), incontro che ha sempre il carattere di sorpresa, di dono, di gratuità, di provocazione della libertà. Attorno a questo cuore pulsante prende vita la comunità cristiana nei tratti fondamentali della communio e della missio.
Un tratto originale del percorso pastorale delineato in questo volume è costituito dal tema dell’educazione di e all’interno di una comunità cristiana. L’educazione al pensiero di Cristo (cf. 1 Cor 2,16) rappresenta la prima coordinata della crescita di una comunità di fede, intesse nei credenti il legame e il nesso tra il mistero della fede e la vita quotidiana, senza cadere nel moralismo: “Questo è il punto debole della proposta cristiana oggi. Nelle questioni morali (per esempio quelle che toccano la questione affettiva dei giovani) questo è drammaticamente evidente” (p. 60).
L’educazione al gratuito in particolare, riscoperta nelle varie sfumature quotidiane, mostra la bellezza della fede, che è la riscoperta continua e sorprendente del Tu “destante e accompagnante” dell’Amore trinitario, che ci ha amato per primo. L’analogatum princeps di tale educazione è l’Eucaristia: nella fedele ripetizione di questo gesto la comunità cristiana viene educata alla gratuità, che è “la forma più radicale della donazione” (p. 90).
La stessa dimensione missionaria della Chiesa è segnata dalla gratuità: non nasce dal bisogno, ma come dinamica intrinseca dell’amore cristiano, come bellezza che attrae; è la testimonianza della pertinenza della fede con tutti gli ambiti dell’esistenza, è comunicare “le implicazioni antropologiche, cosmologiche e sociali dei misteri della vita cristiana” (p. 138). Di qui l’importanza educativa per le comunità cristiane di porre dei gesti, che richiamino la gratuità di quello che abbiamo e siamo, “che aiutino a non sentire nulla di sé – tempo, soldi, risorse, beni materiali e spirituali – come proprio, ma tutto come destinato al mondo intero” (p. 140).
Redatto con uno stile agile, carico di risonanze pastorali, il volume offre la possibilità di mettere a fuoco, all’interno delle molteplici e a volte dispersive attività di una comunità cristiana, l’essenziale, le priorità, e soprattutto individua nell’educazione al pensiero di Cristo una delle sfide pastorali più importanti per la comunità e per la sua missione; in alcuni passaggi finali, infatti, il Patriarca di Venezia ribadisce che “l’educazione è sicuramente la forma normale della missione cristiana” (161).
Andrea Toniolo