Redentore 2010

VENEZIA – Dal 2003, in occasione della festa del Santissimo Redentore, che cade nella terza domenica di luglio, il card. Angelo Scola propone di anno in anno, nella forma di un “discorso” alcune riflessioni su temi diversi di particolare rilevanza ecclesiale sociale, civile e antropologica per la città di Venezia e non solo.

In preparazione alla festa del Redentore 2011 verranno proposti, nei prossimi giorni, alcuni estratti dei discorsi pronunciati dal 2003 ad oggi, quasi a ripercorrere un percorso che si chiuderà domenica 17 luglio 2011 con l’ultima celebrazione del Redentore presieduta dal card. Scola.

Qui di seguito alcuni passaggi del discorso pronunciato il 20 luglio 2003 (su questo sito è disponibile anche il testo integrale):

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«Il Senato – narra la storia – persa ogni fiducia nei mezzi umani il 4 settembre 1576, decise con 84 voti favorevoli e appena 3 contrari, di erigere un tempio a Gesù Redentore del mondo, se la morìa fosse finita» .
Anche noi, con maggiore o minore consapevolezza, siamo arrivati a questo splendido tempio votivo mossi dallo stesso desiderio di salvezza. Come allora il nostro Redentore se ne fece carico, anche oggi continua a farsene carico. Per questo facciamo festa. Senza questa ragione esplicita la festa di questa sera ci lascerebbe l’amaro sapore di tanto folklore che, al massimo, riesce ad offrire una breve boccata d’aria salubre al nostro presente, ma non ha la forza di ristorarlo fino in fondo e di rigenerarlo.

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Una speranza che non delude: difficilmente si potrebbe trovare un’espressione più adeguata per descrivere il motivo che da sempre suscita e sostiene la creatività di uomini e di popoli. Anzi, a ben vedere, è questa speranza il motore di ogni autentica civiltà. Se sono sospinti da una speranza che non delude, allora gli uomini possono guardare con franco realismo al loro presente, senza rimuovere il passato e senza temere il futuro.

Forse questa speranza che non delude può rappresentare il criterio-guida anche per formulare qualche considerazione sull’attuale situazione di Venezia e della società veneta. Il marcato carattere civile della festa cristiana del Redentore, ben espresso dalla presenza, alla guida del popolo, di tutte le autorità costituite, invita – con una certa naturalezza – il Patriarca a volgere lo sguardo in questa direzione.

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L’amore è il seme e il frutto della speranza che non delude, e quindi di quella salvezza che Dio ha offerto agli uomini. In forza di questo dono prezioso, che suscita una responsabilità assai onerosa, il Patriarca nell’odierna festa del Redentore sente il dovere di affermare con chiarezza che, per avere futuro, il modello veneto di sviluppo deve evolversi fino ad assumere la forma compiuta di un modello di civiltà. Ogni autentica civiltà implica un intreccio creativo di dimensioni materiali e spirituali che consentano ai singoli ed al popolo di praticare un’integrale vita buona.

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Una civiltà ha futuro quando in essa viene promossa l’esperienza integrale della persona. Pertanto la cartina al tornasole di una vera civiltà è la modalità con cui un popolo vive, in se stessi e nella loro stretta interconnessione, gli affetti, il lavoro ed il riposo, che sono le manifestazioni essenziali dell’universale umana esperienza.

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